Che la cucina italiana sia considerata una delle migliori al mondo non è solo un modo di dire di noi abitanti della penisola italica, magari dettato da ragioni di mero campanilismo, ma un dato di fatto accertato da sondaggi internazionali. La cucina italiana è risultata, infatti, costantemente in testa alle preferenze in molti sondaggi realizzati da agenzie specializzate, coinvolgenti migliaia di persone abituate a viaggiare e quindi a gustare le specialità dei vari paesi. Tra le altre cucine che seguono a distanza, troviamo la paludata cucina francese e quella giapponese. Poi, sempre tra le prime posizioni, troviamo la cucina cinese e quella spagnola.
Probabilmente il pregio della cucina italiana non è (o non è solo) nelle punte di eccellenza che si trovano in pochi ristoranti selezionati, ma nella cucina di tutti i giorni che milioni di brave casalinghe (e casalinghi) realizzano con cura ed amore per i famigliari. La stessa cura e la stessa dedizione la potremo ritrovare anche nelle più sperdute trattorie di campagna.
Tutto questo ha fatto si che i ristoranti che fanno cucina italiana si siano diffusi in tutto il mondo, poiché anche solo il nome "cucina italiana" è in grado attirare i clienti. Purtroppo questo inquina alquanto il risultato qualitativo medio, infatti, la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) assieme all’Unioncamere (Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura), impegnati nell'intento di promuovere e controllare la vera cucina italiana nel mondo, stima che, tra i 60.000 ristoranti che si fregiano della scritta "cucina italiana", solo il 20% sia da considerarsi autentico.
Sicuramente un punto di forza della cucina italiana è la grandissima varietà delle proposte, ovviamente unita alla qualità e alla bontà dei risultati. Parliamo ad esempio dell'ingrediente principe della cucina italiana: la pasta. In Italia si contano 350 tipi di pasta diverse. Se moltiplichiamo questi tipi di pasta ai diversi tipi di condimenti possibili, possiamo arrivare ad un numero quasi infinito di combinazioni. Se poi consideriamo le varietà di pane che si producono in Italia, oltre 250 tipologie differenti senza comprendere le piccole produzioni e le varianti locali, abbiamo numeri che non si riscontrano in nessun'altra parte del mondo. Anche i tipi e i metodi di cottura delle carni, dei pesci e dei formaggi è enorme. A questo proposito possiamo dire che probabilmente è solo nei formaggi che i francesi ci eguagliano in qualità e varietà...
D'altronde un aspetto positivo del carattere degli italiani che ci è riconosciuto universalmente è la fantasia, fantasia che si esplica in modo formidabile in cucina.
Chiaramente, soprattutto negli anni e nei secoli passati, questa fantasia non era fine a se stessa, ma una necessità che avevano le massaie che dovevano preparare ogni giorno piatti appetitosi con i poveri mezzi e i poveri ingredienti che avevano a disposizione.
E' proprio grazie a questa genialità nel combinare gli ingredienti in modo ottimale che derivano i piccoli e grandi miracoli gastronomici che sono le ricette tradizionali italiane. Dalle valli alpine del nord Italia alle coste assolate del sud potremo scoprire tesori gastronomici che sono stati conservati nei secoli e che è nostro compito tramandare ai posteri come patrimonio imprescindibile della nostra cultura. A quaestio proposito, alcuni propongono che anche la cucina italiana debba giustamente essere considerata patrimonio mondiale dell’umanità dall'Unesco.
Qui ora ci soffermeremo in particolare ad una delle cucine italiane con la storia e la tradizione più antica: la cucina romana.
Anche dal punto di vista gastronomico, nei suoi quasi tremila anni di storia, Roma ha conosciuto numerosi incroci di differenti culture, con usanze, metodi di coltivazione della terra, di caccia, pesca e, successivamente, di allevamento degli animali e di trattamento del latte da loro prodotto differenti. Tutto questo ha portato a quella che adesso è conosciuta come cucina tradizionale romana.
E' la cucina casareccia romana quella che si apprezza come qualità e, perché no, quantità nei luoghi di ristorazione più tipici quali le famose trattorie romane, in particolare quelle che conservano quei valori di popolarità e genuinità che ne hanno determinato il successo.
In questi esercizi è ancora possibile apprezzare i piatti tradizionali della grande cultura gastronomica romana, a cominciare dai numerosi, giustamente famosi primi piatti. Celeberrimi sono i bucatini all'Amatriciana, con il condimento composto da guanciale, pomodoro e pecorino, e quelli alla gricia, simili al piatto descritto precedentemente ma senza pomodoro. Per questo sono ritenuti più antichi di quelli all'Amatriciana perché è noto che il pomodoro è entrato a far parte dell'alimentazione degli italiani solo dopo la scoperta dell'America, di cui è originario.
Più specificatamente romani sono i rigatoni con la pajata. Per i pochi che non lo sapessero, la pajata è l'intestino tenue di giovani vitelli da latte o di agnello.
A questo proposito occorre sottolineare che nella cucina romana sono molto presenti le parti degli animali meno pregiate, e per questo più economiche, che costituiscono il cosiddetto "quinto quarto". La sapienza popolare ha saputo trasformare lingua, intestini, polmone (la cosiddetta coratella), coda, reni, cuore, animelle, cervello e le altre parti che i ricchi scartavano in prelibate specialità. Abbiamo quindi la celebre coda alla vaccinara, le coratelle d'abbacchio e la trippa alla romana (con pecorino e menta).
Per chi non ama troppo le frattaglie, segnalo un altro piatto caratteristico della Città Eterna: gli ottimi saltimbocca alla romana. La ricetta è perfetta pur nella sua semplicità. Per quattro persone si scelgono quattro fettine di fesa di vitello, piuttosto sottili (circa 5 mm di spessore) che sono poi battute con il batticarne facendo attenzione a non lacerarle. A queste fettine sono poi sovrapposte sottili fette di prosciutto crudo della stessa grandezza, preferibilmente senza grasso, e una foglia di salvia. Si fissa il tutto con uno stecchino di legno. Si cuociono in burro spumeggiante e si sfumano con poco vino bianco, completando così la rapida cottura. Alla fine, la giusta quantità di sale e pepe. Si servono con il fondo di cottura rimasto, versandolo sopra i saltimbocca nei piatti individuali.
Tra i piatti tipicamente romaneschi non si possono dimenticare quelli a base di un ingrediente classicamente romano come i carciofi senza spine, detti anche carciofi romani o mammole. Cucinati alla giudia, secondo la tradizione ebraica nata proprio nel ghetto romano, o cucinati alla romana, cioè ripieni di pangrattato, menta, prezzemolo e aglio, queste verdure offrono una delle loro migliori espressioni culinarie.
Come si diceva, a Roma si possono ancora trovare le trattorie dove si continua la tradizione della cucina classica romana. Uno di questi è sicuramente il ristorante da Meo Patacca. Situato nel popolare e caratteristico quartiere di Trastevere, il ristorante prende il nome dell'omonima tradizionale maschera romana.
Il ristorante è stato fondato circa 50 anni fa grazie all'amore per la cucina di Remington Olmsted, un attore americano trasferitosi in Italia, e la moglie romana Diana Vare'. In questo ristorante è particolarmente curato anche l'aspetto scenografico, caratteristico romano. Dal punto di vista delle proposte gastronomiche qui potrete trovare gran parte delle specialità descritte precedentemente e anche altre, come l'abbacchio arrosto, la pasta cacio e pepe, e le minestre di legumi, anch'esse tradizionali laziali. Particolarmente interessante il carrello dei formaggi, con ricotte, pecorini e caciotte rigorosamente locali.
Il ristorante da Meo Patacca è situato nella splendida, caratteristica piazza dei mercanti, dove spesso le cene sono allietate da musicisti che suonano e cantano dal vivo stornelli e canzoni romane, io e mia moglie portiamo spesso a cena gli amici che vengono a trovarci a Roma, ci si diverte sempre tanto e si respira un aria davvero familiare.