Tiziana Marini, Lo scatto della lucertola
Tiziana Marini, Lo scatto della lucertola
Tiziana Marini, Lo scatto della lucertola

Anche ne Lo scatto della lucertola, Poesie, La Vita Felice, Milano, 2016, la nuova ed intensa raccolta di versi di Tiziana Marini, l’opera è prefata con acribia critica da Sabino Caronia, ritroviamo sempre meglio risolta nell’autenticità del suo dire, la via e la vis poetica dell’autrice, che aveva già dato prova di effondere i colori del suo animo nella silloge precedente, Passa il cuore sulla terra ( Tracce 2014).E’ quindi premessa necessaria rifarsi a quest’opera per capire e documentare criticamente il lirismo pittorico- esistenziale ed amoroso della Marini. In lei, infatti, la versificazione è sempre il frutto di un intenso lavoro su di sé e sulla pagina di vita e di sogno che, nascostamente scrive. Tiziana Marini va aprendosi con passi segreti e lenti ad una cauta felicità sorridente e pensosa. Un cammino complesso, spesso reso in economia di parole, vibranti d’infinito nella quotidianità stellata del suo mondo, della stanza tutta per sé del suo scrivere e del suo essere nella vita una ... Casalinga onnipotente e insieme, in un’altra dichiarazione di poetica, il peso di me in me/ quel poco che scava/ un sentiero … / il mio peso nel mondo /… Come parola senza vocali. Chiusa minimalista, ma nello scavo c’è o meglio in poesia si sottende verso, un percorso di stagioni di sé, che approda nottilucente alla nuova alba nella concretezza di situazioni ed oggetti da cui estrarre il volo. Un soprassalto emotivo, dunque, che si allarga a riflessione, densa e scorciata, spesso nel diario dei giorni è la scrittura di Tiziana Marini, che testimonia sempre la radice di celeste terrestrità del suo essere poeta. Vestita di me/ svestita di me /apro la finestra / e inizio a trasformarmi in cielo/ con ali di speranza/ niente è più dolce/ dell’abbandonarsi al volo … E così, sospesa tra finito e infinito, il volo della Marini riprende, approdando a questo terzo libro, la cui prima sezione, Tutto il cielo sotto, apre non solo la silloge, ma formalizza anche sul piano del lessico di verbi ed immagini il farsi di una poesia, sentita e resa corda di interiorità e pianta di domande. In cammino. Una curva dopo l’altra nella salita al punto estremo/ scende una ruota rotta, i tornanti/ mi incrocia al passo fermo della pioggia. / Ricado./ Scelgo,/ Dondolare, dunque sul punto messo alle parole. /… L’esistenza problematica dell’io che all’infinito si ritrova sul vertice più alto da cui guardare fino a un prato senza lati, tremendo. E il cielo emerge in una prospettiva nuova E tutto il cielo, tutto il cielo sotto. Vastità di una ripetizione, che dismisura via, via la maternitas di un mare, segna le tappe di un cammino lungo che fa vedere orrori della storia con versi civili come quelli dedicati ad Aisha e all’olocausto con Questo dolore impresso, ma dalla memoria del mondo si torna allo sguardo sul cielo dei ricordi, la perdita della madre, cui dedica Al vento degli anemoni e soprattutto il delicato e struggente La cipollina nella giardiniera. Ritratti di vita sempre nella poesia della Marini. Si fa riflessiva e pittrice di istanti di natura esistenziale, retina specchio dell’anima, nella seconda sezione, L’epica distanza tra le foglie consapevole di quelle stelle d’inchiostro, via via scritte in Un alfabeto ascensionale, sezione conclusiva, dove quella solitudine, che le permette lo scatto della lucertola segreto, trova il suo traguardo, sottotraccia perché nella vera poesia, e quella della Marini certamente lo è, vale la sua dichiarazione di poetica espressa magistralmente nella chiusa de la Teoria dell’assenza. E’ sempre l’universo meno qualcosa la grandezza di un ricordo. Ancora una volta lo sguardo a tutto il cielo sotto per trovare il vertice, la virgola bionda di una domanda, cui dare, con lentezza, forse le risposte di quel cuore passato sulla terra.

Paolo Carlucci
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