L’aforisma è un fulmine a ciel sereno, se colpisce fa male. È una puntura di spillo che induce a riflettere.
Francesco dell’Apa: la via di mezzo
Chi conosce la produzione letteraria di Francesco Dell’Apa sa del suo interesse per l’haiku, fonte d’ispirazione del testo Haiku, supplemento a I fiori del male, N. 51. In questa nuova produ-zione - Schegge e Logoi, Città del Sole Edizioni,, 2017 - conferma questa sua tendenza alla brevità nella prima parte intitolata appunto Schegge. Queste piccole gemme, profuse in dosi minime, hanno alcune caratteristiche comuni.
L’ironia, per esempio, che nasconde una filosofica saggezza: La felicità è non voltarsi in-dietro / perché si diventa strabici (p. 11); Le mutande esibite è desiderio di eros / per questo sono variopinte (p. 14); Avere un santo in paradiso è una fortuna / se non si distrae con gli altri beati (p. 33). Benché non siano raggruppate secondo un piano logico, le schegge di Dell’Apa si organizzano intorno ad un’idea centrale, illustrano una tesi sull’uomo, questa tesi è pessimista – pensiamo anche a le Maximes di La Rochefoucauld – che portano ad altre due caratteristiche comuni, l’ amarezza ed il disincanto: Chi dice la verità non è creduto, / chi infiocca la bugia invece sì (p. 11); La felicità non dura a lungo perciò è bello gustarla / anche a piccole dosi quando sorride (p. 16). Lo sguardo del Poeta vaga sui limiti e sui difetti dell’essere umano, conscio della vanità, della follia e della stoltezza che spesso l’accompagnano: L’asino bipede sproloquia / quando vuole attirare su di sé l’attenzione (p. 11). Allora ecco l’elogio della saggezza – di queste schegge di pensiero che fanno male a chi crede di sapere tutto -, dell’equilibrio, dell’est modus in rebus: La musica è una sicura medicina per curare gli affanni / quando non rompe i timpani (p. 30). Elogio dell’equilibrio, equili-brio tra corpo e anima, quell’equilibrio che ha caratterizzato tutto il mondo classico: Felice è il saggio che vive di quello che possiede (La felicità, p. 51); la felicità nasce dall’essere contenti di se stessi e dei beni provenienti dal nostro intimo (La felicità, p. 52); La saggezza non è una virtù che si può conseguire con poca fatica, essa richiede anni di continua osservazione del reale, di esperienza maturata attraverso le varie vicende esistenziali (…) (p.56). A conferma, ben dice Seneca che la saggezza ha questo di prezioso e di grande, che non ci tocca in sorte per caso, che ciascuno deve procurarsela e non può ottenerla da un altro (p.57). Ecco l’accento alla Catone: Plagosus era chiamato dai Romani il pedagogo severo, ora solo a parlarne è vergognoso, regna il vaffa dei figli verso i genitori divenuti schiavi dei loro capricci (p. 16). O Tempora ! O mores! Non puoi fare l’Ercole se sei nato Pollicino / perché rischi la testa (p. 19); Se vuoi essere forte nel decidere mostrati tranquillo (p. 24). Il talento è comunicazione e rivoluzione, la poesia, considerata sempre come autentica verità: Il pittore dotato di talento comunica sempre qualcosa / di rivoluzionario per questo è incomprensibile e se ne duole (p. 12). Una bella puntura Dell’Apa l’assesta ai critici che molto spesso non leggono i libri che ricevono e che per questo non sono a contatto con la realtà anzi la immaginano e la creano a loro misura: Il critico quando non legge il libro / divaga sull’universo letterario (p. 29). Intrigante è la galleria dei viziosi da castigare: l’invidioso, l’accidioso, l’ipocondriaco, il superstizioso, il bugiardo e dei mali umani da additare: l’ira, l’egoismo, l’ambiguità, la viltà, l’ipocrisia, la volgarità, l’ignoranza: La satira è l’intelligenza che sberleffa il potere e l’ignoranza, due mali endemici nella storia dell’uomo (p. 34). Una parola che spesso ricorre in questa prima parte è libertà - conquista della mente e della volontà - e questo tema il Poeta ri-prende nella seconda parte del libro, quella intitolata Logoi. Dell’Apa, immensamente innamorato della cultura classica di cui peraltro è profondamente imbevuto nonché conoscitore, si rifà a Socrate e a Sofocle e ne richiama gli esempi. Fino ad arrivare ai giorni nostri in cui liste elettorali sono im-poste dall’alto per rendere inefficace una vera libertà di scelta (p.44). Anche qui il Poeta critica il mal costume dilagante: Sovrana regna l’evasione fiscale e la corruzione è un male endemico talmente diffuso nel corpo malato dello Stato che ogni cura diventa inutile se non vi è da parte del legislatore una forte volontà politica e non si applica la legge con rigore (p. 44). C’è un forte richiamo al senso civico ormai dimenticato, alla valorizzazione della res publica alla quale ogni cittadino dovrebbe tendere e l’ incitamento ad una rivoluzione culturale e di etica da parte dei cittadini nel sapere scegliere i propri rappresentanti, rivoluzione che tarda a venire. Molte sono le riflessioni legate all’attualità – a questo tempo triste: quella sulle unioni civili, sull’uso di alcool e droga, sulla mancanza di lavoro per i giovani, il problema della crescente povertà, la questione dell’immigrazione, la violenza in famiglia, la guerra, tutte problematiche che rischiano di portare all’oscuramento del logos, alla notte della ragione. Ben dice Robertomaria Siena, che cioè questo libro è un libro di filosofia: da sempre gli esseri umani si interrogano sul significato della vita. Tra questi rimangono i pensieri dei filosofi, degli artisti e dei poeti che con i loro testi e le loro riflessioni han provato a definire uno dei misteri più grandi della nostra esistenza.
Un’ultima riflessione riguarda la copertina - opera del giovane Marco Eusepi - che rappre-senta un leggero flautista. Le sue forme e la sua andatura sono perfette, sinuose, sensuali: mi piace immaginare che sia il pifferaio magico con la sua musica a guidarci nella ricerca di quell’equilibrio e di quell’ armonia ricercati dal mondo classico.
Fausta Genziana Le Piane