Tra master e stage la ricerca di un lavoro che non c’è
Tra master e stage la ricerca di un lavoro che non c’è
Dopo la laurea sarebbe bellissimo avere subito il lavoro dei propri sogni, soprattutto dopo che l’ambiente accademico ci ha forgiato e riconosciuto come delle persone valide e qualificate. È, invece, una sofferenza immane scoprire che si può sapere di tutto di più, ma il mondo del lavoro è chiuso come un riccio ed è difficilissimo non dico entrarvi, ma addirittura venire a conoscenza di bandi e concorsi. L’intricata selva di siti che si propongono questo obiettivo non fa che peggiorare la situazione, l’unica cosa certa è scritta sulla Gazzetta Ufficiale, per quanto riguarda i concorsi per accedere ai pubblici uffici. In tutto ciò oltre al danno si può riconoscere la beffa: non solo dopo aver studiato almeno tre anni ci si ritrova a spasso a spese di mamma e papà, ma per di più ti convincono che la laurea non basta, che devi fare un master o uno stage. Master o stage dipende dal tipo di formazione che si vuole avere e dal tipo di approccio con cui s’intende presentarsi sulla ‘piazza’. Entrambi spesso sono a pagamento ed è la presa in giro più brutta ‘pagare per lavorare’, anzi più che una presa in giro è il capovolgimento di un assioma prima molto importante e vincolante. Anche se non si vive per lavorare il miraggio di un impiego pubblico o privato che sia diventa una vera e propria malattia per chi ha sempre fatto il suo dovere con ‘amore’ e si trova a bussare porta a porta, ufficio per ufficio concorso dopo concorso. Ci si ritrova svantaggiati dalle cose più disparate: il luogo dove si risiede, il non avere un’auto propria, tante piccole cose che diventano mura insopportabili oltre cui inerpicarsi. Si va avanti ogni giorno cercando di aprirsi a nuove strade e a nuovi obiettivi correndo a pagare ora per uno stage ora per un master con la pena del cuore che questa trafila non finirà mai. I genitori ci appoggiano vigili e premurosi, non ci manca nulla, ma piano piano dignità e autostima cominciano a salutarci… Forse è così che si diventa nostalgici dell’università, infondo è detto comune che ‘si stava meglio quando si stava peggio’!!!
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