Per tradizione arriva un momento nella vita di alcune famiglie quando la nonna ci considera pronte a ricevere il gioiello di famiglia, il corredo. Per chi non ne fosse a conoscenza, esso rappresenta il simbolo del passaggio di un’epoca, il testimone di una legame che di generazione in generazione è stato sapientemente tramandato dalle donne della famiglia. Gelosamente custodito in un baule, sigillato per anni come in uno scrigno dove montagne di lino pregiato, seta, organza e quant’altro brillano come gemme preziose. Noi che siamo cresciute tra nylon e fibre sintetiche, abituate ai lavaggi in lavatrice a sessanta gradi, ai piumoni stampati così pratici, ci inginocchiamo di fronte a tanta raffinatezza e grazia, temendo quasi di appannare quel candore con le nostre mani sudate. Aprendo il baule troviamo un tesoro: indumenti e biancheria per la casa realizzati da mani esperte nell’abbinare preziosi tessuti a raffinate passamanerie e tulle producendo pezzi unici, esemplari che hanno ancora il profumo dell’antico. E’ in quelle stoffe che rivedo la mia bisnonna, giovane vedova che risparmiava giorno dopo giorno per la dote delle figlie femmine, e ancora rivedo me bambina seduta sul letto della camera di mia nonna ad ascoltare i ricordi della guerra, la fame, il timore di tenere la luce accesa per paura dei bombardamenti. Esiste una parola per esprimere la bellezza delle cose antiche, che portano ancora impresse le tracce di altre persone? Ci troviamo di fronte all’amore per il bello, oggetti che hanno una storia da raccontare, un’armonia nella composizione dei ricami che evoca le ore spese con pazienza e dedizione da fanciulle chine su telai di legno. Che li usiamo o no, questi oggetti giacciono lì racchiusi come i Lari, gli spiriti degli antenati defunti, che vegliano sulla famiglia, rappresentano i ricordi, gli affetti, la nostra storia.