Francamente non ho avuto modo di seguire la passata edizione o almeno non ho potuto interessarmene al di là del battage che, forzosamente quanto involontariamente, ne ha trasmesso i contenuti anche a coloro che di tali, ne avrebbero fatto a meno, ma resta il fatto che in più occasioni sono stato interpellato verbalmente e non, per dare una definizione del programma in se costituito. Ebbene fino ad oggi ho preferito evitare di cimentarmi in una simile elucubrazione mentale, ma qualche giorno fa è accaduto un fatto che, come spesso avviene, rileva la sua importanza non tanto per contenuti che da esso si possono estrapolare, quanto per l’occasionalità, dal caso fortuito che lo ha originato. Bersagliato già da qualche tempo da una pubblicità via sms del sito mvillage che devo aver sottoscritto in un passato prossimo di cui non ricordo le circostanze, mi sono ritrovato a vivere un temporaneo connubio fra tempo libero e navigazione on line a portata di mano e pertanto ho deciso di effettuare un sopraluogo sul sito in questione ed in particolare, come spesso accade mi sono soffermato in chat, per apprendere che nel medesimo momento era o almeno avrebbe dovuto essere (in virtù di quanto reso noto dai promotori) presente uno dei personaggi della passata edizione di Grande Fratello.
Nel particolare Marina la Rosa.
Questo inconsueto incontro on line ha stimolato il mio interesse per due ragioni, la prima poiché sono rimasto intuitivamente colpito dal fenomeno di abnegazione verbale che la presenza del personaggio stava provocando, in quanto oltre cinquanta persone non producevano alcuna frase articolata su di un pensiero anche vagamente logico, parlando a senso compiuto, limitandosi ad un pedissequo quanto frenetico ripetere il nome del soggetto in questione, fino anche a domandare il semplice essere salutati da costei al momento dell’uscita dalla chat e la seconda ragione è che tutto ciò avveniva malgrado nessuno dei presenti potesse disporre di una prova empirica sull’effettiva presenza della fanciulla innanzi alla tastiera.
La cosa per certi versi non mi ha sorpreso più di tanto, ma per latro mi ha spinto ad effettuare alcune riflessioni in merito al prodotto televisivo che ha l’indubbio merito di aver saputo confezionare così bene il desiderio di credere fermamente in quanto è accaduto nel corso del programma.
Grande Fratello è un surrogato esaltato all’ennesima potenza di una vasta serie di ricerche sociologiche nel campo della comunicazione di massa, ricerche che trovano la loro enfatizzazione più compiuta nella sociologia affermatasi negli Stati Uniti, a partire dal dopo guerra. Essenzialmente egli è il figliol prodigo di una sfrenata, quanto prevedibile, ricerca spasmodica di originalità che ha portato all’elogio totale della fiction, spogliata di ogni connotato realistico e presentata nella sua forma più primordiale e genuina: la comunicazioni mediante la non comunicazione.
Grande Fratello ha saputo trasformare la noia di una decina di persone in spettacolo per milioni di altre e così facendo, esso ha filtrato e quindi trasformato le emozioni, creando un legame fra il telespettatore e un contenuto che non c’è, ma che trova la sua ragion d’essere proprio nella sua assenza. In altre parole se dobbiamo rappresentare un vuoto dobbiamo anche aver presente il concetto di pieno, altrimenti l’una cosa non avrebbe significato alcuno. Questo filtro è arrivato attraverso una serie di abili scelte di marketing sem-pre a sfondo sociologico di cui potremo elencare una vasta lista, mi preme adesso di sottolineare che poc’anzi ho definito la presenza di Marina omettendo in modo voluto il cognome poiché il semplice aver scelto di presentarci i singoli personaggi attraverso il loro nome proprio è estremamente voluto, in quanto gli attribuisce un connotato di maggior familiarità; li rende più vicini alla gente comune che si deve in qualche modo immedesimare in loro. Anche ciò che rappresenta il vero capolavoro è la creazione subliminale dello stereotipo. Se noi per un istante ci immedesimassimo scrittori e prendessimo uno dei personaggi del Grande Fratello e tentassimo mantenendo i contenuti che esso ha espresso nell’arco della programmazione, di introdurlo in un ambientazione prossima alla vita di tutti i giorni, ci accorgeremmo immediatamente di come ciò sia impossibile e questo perché tali personaggi, di se stessi hanno raccontato e hanno lasciato trasparire, solo alcune emozioni, che erano logicamente quelle più adatte alla programmazione, in altre parole noi per assomigliare a loro dovremmo ripensare alle nostre ultime 24 ore trascorse e tagliare tutto ciò che in esse reputassimo di scarso interesse per i nostri po-tenziali ascoltatori. Noi questo, a volte, lo facciamo quando raccontiamo che cosa abbiamo fatto in una determinata situazione e difatti il racconto sarà sempre distante dalla realtà perché in esso ci limiteremmo a proferire i punti salienti senza dilungarci su tutto ciò che annoierebbe soltanto il nostro ascoltatore. Per fare un esempio, diciamo che nel raccontare un fine settimana io, a meno che non abbia una valida ragione per farlo, non mi dilungherò nel riferire qual tipo di dopobarba ho utilizzato dopo essermi raso al mattino e punterò invece a ciò che reputo di maggior interesse come il locale da me frequentato o le esperienze vissute. Ecco Grande Fratello attraverso questi personaggi-stereotipi ci ha raccontato una vita tagliata, decurtata di quanto non è interessante da raccontare.
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