E’ di pochi giorni fa la notizia della morte di Arthur Miller, grande scrittore del secolo, reso ancora più famoso dal suo matrimonio con l’amata Marilyn. Uomo dalla personalità complessa, riservato, tipico intellettuale del suo tempo, scrisse opere straordinarie che resteranno per sempre nella storia letteraria americana e mondiale. Non smise mai, neppure dopo il divorzio, di essere perseguitato dalla figura della moglie, star del cinema, profondamente turbata da quello stesso mondo e da sé stessa. Le diede amore e devozione per tre lunghi anni, più di qualsiasi altro uomo, ma nonostante tutto non riuscì a salvarle la vita.
Nonostante un successivo matrimonio durato a lungo, con la fotografa Inge Morath, conosciuta sul set de “Gli spostati“, film che scrisse per Marilyn; rimase mentalmente legato a quella donna estremamente forte e fragile allo stesso tempo, scrisse ancora per lei , anche dopo la sua morte: la prima opera teatrale è “Dopo la caduta” del 1964, in cui viene descritta la figura di una donna, Maggie, molto vicina all’immagine di Marilyn; la seconda “Finishing the picture“, è anche la sua ultima opera in assoluto, completata prima della sua morte, nella cui trama è evidente il netto parallelo della sua vita con Marilyn. E’ la storia di un regista, che si trova a dover dirigere un film con una grande stella del cinema come protagonista, donna in lotta con la vita, che assume farmaci, che rimane a letto tutto il giorno, che fa del male a sé stessa. Come è ormai risaputo, Marilyn in tutta la sua bellezza di diva, non amava sé stessa, distruggeva la sua mente ed il suo corpo con l’assunzione giornaliera di dosi massicce di barbiturici.
Miller, con quest’ultima opera, ha reso omaggio alle sue doti di scrittore e alla sua ex-moglie ed ha, significativamente, scelto di concludere la sua vita nella fattoria che aveva acquistato insieme a Marilyn a Roxbury, nel Connecticut, dando un senso ancora più grande ad una donna tanto bella ma svuotata dentro, che lo ha segnato per sempre.