Crisi al femminile
Crisi al femminile
C'è crisi. Nessuno lo nega, anzi. Dai politici ai tecnici, passando per economisti e manager: tutti urlano che c'è crisi. In Francia, gli operai che rischiano il licenziamento, o che sono già stati licenziati, sequestrano per diverse ore i loro capi, e nessuno li contesta. Non scattano neanche le denunce anzi: la maggior parte dei francesi sembra addirittura che appoggiarli. Non c'è un telegiornale che non presenti due o più servizi sulla crisi: tale che dice questo, qual altro che dice quest'altro. Chi dice che finirà il prossimo anno,e chi addirittura luglio di quest'anno. Tutti i potenti parlano della crisi.
E intanto le aziende chiudono, e le persone vengono licenziate. Anche le agenzie interinali falliscono. Io sono iscritta ad un sito on line per la ricerca di lavoro: ogni volta che hanno degli annunci nuovi, me li spediscono via mail automaticamente affinché io sia più agevolata nello scegliere l'annuncio di lavoro che più mi aggrada. Fino a qualche mese fa mi arrivavano anche tre mail al giorno, oggi forse una ogni due giorni: anche questo è un segno della crisi.
In California, intere città dichiarano bancarotta.
In Europa, abbiamo addirittura l'Islanda, primo paese ad essere fallito economicamente. E sapete cosa ha fatto?
Ha messo una donna al suo comando. Una donna, Johanna Sigurdardottir che, a sua volta, ha nominato altre donne per aiutarla a risanare i conti del paese freddo.
In America, per lo stesso motivo, il presidente del cambiamento Obama, ha nominato una donna Mary Schapiro per ridare lustro e credibilità ai suoi organi di vigilanza.
Insomma, nell'intero mondo si grida aiuto al femminile.
Gli ultimi studio valorizzano le capacità femminili di saper "vedere lontano", di essere " coscienti dei rischi". Addirittura un caso limite:la Hermes, azienda francese guidata al 55% da donne, è l'unica cresciuta del più del 16%.
E in Italia?
In Italia la situazione non è così rosea.
Solo il 4% delle donne è presente nei cda delle aziende esistenti, contro una media europea dell'11%., e comunque neanche una nei cda delle prime 10 aziende.
L'ufficio studi del Cerved ha confermato l'importanza delle donne nelle aziende, le quali risultano andare meglio,con ricavi accresciuti più velocemente e generando più profitti, lì dove c'è una donna a livelli di potere. Eppure, le nostre occupazioni sono soprattutto part time, con guadagni inferiori a quelli maschili anche a parità di orario.
il 24 aprile si è svolta a Roma, a Palazzo Marino, una conferenza proprio sull'argomento: WOMENOMICS, dove si è parlato di futuro economico al femminile.
In Europa prendiamo più lauree e abbiamo più dottorati dei nostri coetanei maschi, e circa l'70% degli acquisti della famiglia è fatto da donne, che quindi sono più avvantaggiate perché conosco il potenziale cliente. Eppure non si ascolta il punto di vista femminile, che invece oggi, per un'azienda, potrebbe fare la differenza.
La presenza di donne nei posti alti delle aziende aiuterebbe ad individuare i trend di mercato, e ad accrescere più velocemente i ricavi, con livelli di rischio pari a quelle dove l'uomo è l'unico protagonista. Sta di fatto che in Italia solo il 46.3% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora( molto meno della media europea), e ben il 40% di quelle disoccupate vorrebbe lavorare. L'Italia utilizza al minimo la forza lavoratrice femminile, tra i paesi europei ricchi. Ma questa cecità ci rende zoppi anche sotto il punto di vista demografico: mentre il nostro bel paese invecchia, le nazioni che, con attive politiche di conciliazione, hanno sostenuto il lavoro al femminile, raggiungono anche un incremento di nascite.
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