“Io non nascondo la verità. La filtro.” Dal film Thank you for smoking, 2006.
C’è stato un tempo in cui l’Informazione aveva la funzione di informare. Oggi non è più così: all’Informazione vengono attribuite altre funzioni, funzioni che sono utili a chi ha il potere di gestirla e di influire sulla non più molto sana e indipendente mente dei più. Così, per riuscire a realizzare un certo disegno politico, si inizia a mettere in prima pagina solo un predeterminato genere di notizie, che orientano il pubblico a pensare in un certo modo: per esempio, si raccontano solo episodi di violenza commessi da stranieri a danno di donne italiane, mettendone in evidenza gli aspetti più sordidi e nauseanti; poi si dice che la violenza sulle donne è un’infamia e un crimine contro l’umanità (giustamente), ma lo si dice riferendosi esclusivamente al criminale straniero di turno, e non al vicino di casa italiano che picchia quotidianamente la moglie, costringendola a diventare una fantastica attrice quando sostiene di essere caduta dalle scale o di aver sbattuto contro le porte. Il sindaco di Roma annuncia addirittura che il Comune si costituirà parte civile nei processi che riguardano reati contro le donne. Tutti i reati, chiunque sia l’autore? Non credo, dato che, in questo turbine di notizie stomachevoli, si mettono da parte i numeri raccolti dall’Istat secondo cui il 69,7% degli stupri è commesso dai partner, il 17,4 % da un conoscente, mentre solo il 6,2% da estranei.
Tutto, in questo strano mondo, ha una funzione, e mentre non serve a niente dire che gli uomini italiani continuano ad essere degli animali (salvo, poi, atteggiarsi a paladini dei diritti delle donne nei pubblici comizi), ha una notevole funzione ripetere che sono gli stranieri ad essere governati dai più bassi istinti, come se la nazionalità dell’autore dello stupro facesse qualche differenza, come se il violentatore straniero fosse più violentatore di quello italiano. “La violenza non ha passaporto: la fanno gli uomini” dicevano le femministe. Perché, anche se la ministra per le pari opportunità dice che le donne sono al centro dei pensieri di questo Governo, interpretando correttamente la realtà si deduce che la politica vuole raggiungere obiettivi ben diversi dalla garanzia della sicurezza di noi donne. Lo scopo del raccontare solo le violenze commesse dagli stranieri a danno di italiane (mai degli italiani a danno di straniere) è creare paura e sospetto per giustificare campagne mediatiche xenofobe, con la conseguente approvazione da parte del Parlamento e del consenso maggioritario di provvedimenti che mirano a riportare la popolazione all’unitarietà etnica (ricorda qualcosa?), e a trasformare i cittadini in un grande esercito fai-da-te che riporti l’ordine nelle strade: prima i militari nelle città, ora le ronde, domani i campi di concentramento (ammesso che i “centri di identificazione e espulsione” già non lo siano)… ricorda qualcosa?
Però, dando a Cesare ciò che è suo, bisogna riconoscere che il premier pensa alle donne, quando dice che “dovremmo avere tanti soldati quante sono le belle ragazze”. Già, perché l’effetto di questa pilotata campagna mediatica non è solo la discriminazione nei confronti degli stranieri, ma il ribadire l’inferiorità e l’impossibilità di una vera autonomia e libertà delle donne. La società ci impone di passare ore davanti allo specchio per agghindarci, ci impone di rimanere perennemente affamate per entrare nell’odiosa taglia 42, ma se poi ci riusciamo dobbiamo costantemente guardarci alle spalle mentre camminiamo per strada. Ci viene detto di essere indipendenti, ma poi ci viene chiesto (da altre donne) se non abbiamo paura a girare da sole la sera. Le donne devono essere belle, ma se poi lo sono “se la vanno a cercare”. D’altronde, non è lontano il tempo in cui le donne erano considerate esse stesse responsabili della violenza subita, e in cui il matrimonio veniva considerato un mezzo adeguato per riparare all’offesa. Si afferma addirittura che serve “un’educazione alla prudenza e al rischio per le ragazze”, che “non possono considerarsi libere e sicure come i ragazzi” (Lucetta Scaraffa, docente di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma). Ma a nessuno viene in mente di dire che serve un’educazione in grado di trasformare il cervello maschile da animale e istintivo a umano e razionale. Ma come si può pretendere un’affermazione del genere in un paese (e in un mondo) in cui sono sempre gli uomini a fare le leggi che riguardano le donne, visto che la presenza femminile in Parlamento è, a dir poco, esigua?
Risultati: tra un po’, mentre gli stranieri saranno rispediti alla velocità della luce nei loro paesi di provenienza o rinchiusi in recinti al limite dell’umano, le donne torneranno ad essere rinchiuse nel recinto di casa. Bel progresso davvero!
Per concludere, un piccolo ma significativo esempio di come questa campagna di pseudo-informazione, fintamente finalizzata alla protezione delle donne, si rivolti contro le donne stesse: il Parlamento, nell’ambito del “pacchetto sicurezza”, ha approvato una norma che richiede agli stranieri di esibire il permesso di soggiorno per ottenere il rilascio degli atti di stato civile, compreso quindi l’atto di nascita; ciò significa che gli stranieri irregolari non potranno riconoscere i figli nati in Italia, con la conseguente dichiarazione di adottabilità dei bambini; con la conseguenza che, per evitare di perdere la custodia dei propri figli, le donne ricominceranno a partorire in casa segretamente e senza assistenza medica, rischiando di tornare a morire di parto. Questa conclusione non è affatto fantasiosa, dato che la norma che obbliga i medici a denunciare gli immigrati clandestini che si presentano al pronto soccorso è già stata applicata prima ancora di diventare legge: Kante, una venticinquenne proveniente dalla Costa d’Avorio, si è presentata all’ospedale Fatebenefratelli di Napoli per partorire; quando le sono stati chiesti i documenti lei ha consegnato la fotocopia del passaporto, dato che l’originale è in possesso della Polizia per la sua richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato politico; non soddisfatti, gli assistenti sociali hanno prelevato il piccolo Abou e lo hanno tenuto lontano da sua madre per i successivi dieci giorni, fino a quando la Questura ha confermato l’identità della donna. Questo è solo un piccolo assaggio di ciò che potrà accadere in futuro.