Ballare contro la violenza, mentre la violenza continua
Ballare contro la violenza, mentre la violenza continua
Il 14 febbraio 2013 non è stato solo l’ennesimo San Valentino, giorno di cuori e cioccolatini, ma anche il One Billion Rising: il giorno in cui almeno un miliardo di persone – donne, ma non solo – si sono ritrovate nelle piazze di tutto il mondo a danzare per manifestare il loro categorico NO alla violenza contro le donne. La danza è stata stavolta scelta come forma di espressione della libertà delle donne e della loro ribellione. L’8 gennaio scorso era stato caricato su youtube un video tutorial che insegnava la coreografia da realizzare tutte insieme, intitolata “Break the chain”, spezza le catene. In pratica si è trattato di un flash mob planetario, fatto allo scopo di sensibilizzare la popolazione mondiale nei confronti del femminicidio in atto. Questa giornata nasce grazie a Eve Ensler, premiata autrice dei Monologhi della vagina che ha fondato il movimento “V-Day” dal 1998. Le Nazioni Unite hanno stimato che almeno una donna su tre ha subito violenza una volta nella vita, e il One Billion Rising si chiama così proprio perché one billion, cioè un miliardo, sarebbe il numero delle donne che hanno subito violenze. La violenza domestica è la prima causa di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni, più degli incidenti stradali, più delle malattie, e in un mondo che pretende di essere moderno e giusto ciò non è proprio accettabile.

Ma il 14 febbraio 2013, proprio nel giorno in cui il mondo balla contro la violenza sulle donne, è stato anche il giorno in cui Oscar Pistorius è stato arrestato a Pretoria, con l’accusa di aver sparato e ucciso la sua fidanzata, la modella trentenne Reeva Steenkamp. Reeva era ella stessa testimonial di una campagna di sensibilizzazione contro gli stupri in sud Sudafrica; solo qualche giorno prima aveva scritto sulla sua pagina facebook “Stamattina mi sono svegliata in una casa sicura e felice. Non a tutti capita. Solleva la tua voce contro gli stupri in Sudafrica”, in ricordo di Anene Boysen, una ragazza di 17 anni brutalmente violentata e uccisa da un branco in una città a circa 70 km da Cape Town, paese natale della modella. Proprio nel giorno di san Valentino, il giorno degli innamorati e il giorno della manifestazione mondiale contro la violenza sulle donne, uno dei miti dello sport e dell’atletica, per aver corso le olimpiadi senza gambe, viene ritenuto responsabile dell’omicidio della sua donna. Naturalmente la giustizia seguirà il suo corso e solo al termine del processo si potrà parlare dell’innocenza o colpevolezza dell’atleta, ma al momento le prove della polizia sembrano schiaccianti. Forse si arriverà ad una condanna, o forse ad un nuovo caso O. J. Simpson, ma rimarrà sempre l’amarezza per la povera Reeva, uccisa mentre il mondo gridava NO alla sua morte e a quella di ogni altra donna del mondo.
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