
500 anni perché un sacchetto di plastica si sciolga materialmente, 5 anni per una Big Bubble, 50 anni per il barattolo di latta, 4 settimane per un tovagliolo, 1000 anni per sciogliere una bottiglia di plastica in un ambiente terroso e umidificato mentre una bottiglia di vetro, a meno che non ci sia un nuovo Big Bang, non si scioglierà mai. Chi ha visto almeno una volta nella vita la produzione della plastica e del vetro sa bene come mai questi materiali non si possono decomporre o comunque non così velocemente come si potrebbe pensare.
Per chi fin da piccolo ha avuto la fortuna di giocare al mare tra gli scogli o comunque in un ambiente parzialmente selvaggio, il ricordo dei resti della immondizia in decomposizione sono nitidi: negli anni ottanta la mentalità era poco attenta a questi particolari, forse spesso non c’erano neanche bidoncini a sufficienza per incentivare a tenere pulito l’ambiente, sono cose che pian piano negli anni, con il turismo di massa, quello di tutti, si sono comprese.
Così accadeva che si potessero trovare giocando le lattine abbandonate mezze rosicchiate dai fenomeni atmosferici, i sacchetti stracciati semi decomposti, la carta sciolta; queste sono delle immagini che hanno un che di affascinante, tracce umane nella natura selvaggia, ancora accade che in alcune remote località si trovino residui del passaggio dell’uomo, dicono che sia il più evoluto tra le specie animali, ma di certo è quello che riesce meno spesso a farla franca in certe situazioni.
Questi residui abbandonati qua e là altro non sono se non inquinamento umano, cioè immondizie abbandonate mestamente, che viste sotto l’ottica ambientalista parlano chiaro di quanto tempo serva perché un oggetto si sciolga, a vista (anche se la decomposizione fisica non significa eliminare l’inquinamento chimico delle sostanze che sono contenute in questi oggetti).
Ogni volta che andiamo a fare una gita, che usciamo per mangiare qualcosa in riva al lago o in montagna, quando siamo soli sulla spiaggia e abbiamo la tentazione di lasciare i nostri residui sotterrati, a fine giornata, per non portare a casa le sportine di immondizie, ripensiamoci. Vale la pena ricordarlo specialmente adesso, che siamo al fiorire della stagione del sole e delle scampagnate.
Sono tantissimi i motivi per cui lasciare il nostro ricordino non va bene, ma il più banale è proprio quello estetico: se trovassimo immondizie ovunque non saremmo contenti, perché lasciare questo regalino a chi arriverà dopo di noi? Questo dovrebbe già da solo bastare.
Se non bastasse pensiamo allora al fattore inquinamento: se tutti sotterrassero le immondizie nella sabbia della spiaggia, lungo le strade di montagna, nelle lagune, in breve tempo (oltre che esserci probabilmente un cattivo odore) il terreno diventerebbe inquinato, sarebbe difficile riuscire a fare in modo che torni alla sua naturale composizione chimica. In questo senso viene in aiuto un esperimento facile facile: provate a mettere in un vasetto per fiori della plastica tritata e dei mozziconi per sigaretta insieme a terra, acqua e perché no, anche una pastiglietta di fertilizzante per nutrire le piantine, vedrete che delle specie piantate solo alcune resisteranno, i fiori più delicati non sbocceranno, le piante diventeranno gialle, malate e moriranno.
Infine il fattore risparmio: tutto ciò che è riciclabile è vantaggioso da raccogliere, la raccolta differenziata è un fatto utile al pianeta, perché non estingue le risorse ma le re-impiega, sarebbe assurdo metterci a parlare in brevi righe del perché non tutte le risorse possono essere gassificate o carbonizzate ma devono rimesse in qualche modo in circolo; basti pensare che la terra, intesa come pianeta, funziona un po’ come il nostro frigorifero: man mano che mangio quello che ho dentro si svuota, solo che non esiste un supermercato per comprare le risorse non rinnovabili. Questo discorso vale per tutto il riciclabile, eccetto il residuo, ma eventualmente ne parleremo altrove.