L’osteoporosi post menopausale femminile rappresenta oggi, in relazione all’aumentata durata della vita media, un problema di grande attualità ed importanza dal punto di vista clinico e terapeutico. E’ la principale condizione che determina la possibilità di frattura dell’osso anche in assenza di eventi traumatici di rilievo. L’incidenza delle fratture comincia ad aumentare nelle donne dai 40 anni in poi anche se i dati indicano un netto incremento nelle donne dopo i 65 anni.
Numerosi fattori interagiscono negativamente con la massa ossea: la sedentarietà (aumenta il riassorbimento osseo con diminuita formazione dello stesso), il fumo, l’assunzione eccessiva di alcolici e di caffeina.
Il fattore nutrizionale riveste un ruolo sicuramente importante. Numerosi studi hanno infatti mostrato che la somministrazione di un supplemento di calcio nella dieta (Ann J Med 98:331,1995) è capace di rallentare la velocità della perdita ossea e ridurre in maniera significativa il rischio di fratture nel periodo post menopausale.
Si è a lungo discusso sulla quantità di calcio necessaria quotidianamente per la donna in età postmenopausale; la quota raccomandata si aggira intorno a 1500 mg per le donne in post menopausa e 1000 mg per quelle in pre menopausa. Difficilmente tuttavia le diete occidentali sono in grado di fornire un simile introito che quindi va integrato da preparazioni farmaceutiche in associazione alla vitamina D che ne favorisce l’assorbimento intestinale (Ann NY Acad Sci 1998 Nov.20;854:336-51).
I vari regimi alimentari sono stati ripetutamente studiati anche in considerazione del fatto che alcuni cibi come la soia contengono delle sostanze con una azione simil estrogenica (Maturitas 1995 Apr;21(3):189-95) e sono per tale motivo in grado di influenzare positivamente il quadro clinico post menopausale riducendone anche il numero delle cosiddette “vampate” di calore.
Quello che appare ormai evidente è l’assoluta necessità di integrare i vari regimi alimentari con un apporto di calcio e di vitamina D (J Endocrinol Invest 1999 Dec;22(11):852-6) al fine di ridurre, o quanto meno ritardare i devastanti effetti sul piano clinico innanzitutto, ma anche sul piano economico per la società, derivanti da fratture ossee conseguenti alla diminuzione di massa e forza ossea. Questa considerazione nutrizionale, apparentemente banale, viene in realtà molto spesso trascurata nella pratica clinica quotidiana. Infatti non bisogna dimenticare che se l’ormono terapia, della quale oggi tanto si discute, riveste un ruolo molto importante per il benessere clinico in generale della donna in età post menopausale e per il benessere dell’osso nel particolare, presenta tuttavia delle controindicazioni non trascurabili rappresentate dall’impossibilità di un suo impiego in soggetti che hanno sofferto di un carcinoma mammario o complicazioni tromboemboliche derivanti da una precedente terapia estroprogestinica, oppure con una familiarità per carcinoma mammario od endometriale. A tutto ciò va aggiunta la scarsa compliance presentata dalla paziente stessa.
Per tali motivi appare evidente come lo stile di vita da una parte ed i fattori nutrizionali dall’altra, rappresentati da una dieta a basso contenuto di grassi animali e ricca in alimenti contenenti calcio, come (per 100 gr di parte edibile) il latte scremato (115 mg), la farina di soia (210 mg), la carne di coniglio (22 mg ), di tacchino (20 mg), le acciughe (148 mg), verdure come la rucola ( 309 mg ), la salvia (600 mg ), la menta (210 mg ), il basilico (250 mg ), in associazione ad un corretto apporto di vitamina D, rappresentano i cardini di una terapia anti osteoporotica post menopausale nell’ambito di un apporto calorico globalmente controllato non disgiunto ad una moderata attività fisica.
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