Nei miei occhi e nelle mie orecchie rivive quel tempo che forse mai più tornerà come era ma che arriverà diverso e nuovo ogni volta. Leggevo “Il tempo che fugge” di William Shakespeare e fui colpita in particolare dal sonetto intitolato “Quando osservo”. Sembravano parole rivolte a me che sotto un Olmo in un pomeriggio di prima estate scrivevo le parole di una storia che non aveva un senso. La storia che speravo mi donasse la tanto attesa giustizia del destino. Furono in seguito le parole di William Shakespeare ad illuminarmi la strada maestra. Ero li, una scrittrice persa nei proprio desideri e nelle proprie ambizioni. Qualche strega con un incantesimo mi aveva portato via la mia fantasia e la mia creatività. Pensai persino di ricorrere ad un contro-incantesimo per spezzare quel maleficio ma decisi di non farlo. William Shakespeare mi aveva aperto la mente. Indugiare, sprecare il tempo pensando al male recatomi da una strega non mi avrebbe dato la soluzione er liberarmi da ogni sua energia. L’unica vera arma, quella più potente era fatta di vita e di tempo. Continuai a scrivere mettendo giù non una storia diversa ma la stessa storia con un senso più profondo. Il senso della vita, della libertà del mondo che mi circondava. Distrussi ogni orologio, ogni pendolo e mi coprii per un attimo la vista da ogni fattore del tempo. Ascoltai soltanto il suono della natura e della vita stessa. Mi circondai dei ricordi fatti dagli attimi della mia felicità. Un bacio, un abbraccio, l’odore del cibo buono, il profumo ambrato dei capelli appena lavati. Come per incanto le parole arrivarono a me…