Eppure un motivo ci deve essere: il talent show in Italia è iniziato in sordina, sull'onda di Saranno Famosi, diventato poi Amici, trasmissione a marchio registrato, tutta italiana, esportata anche all'estero. Ma importiamo anche The Voice, X Factor e sul territorio nazionale si sprecano le iniziative di selezione di artisti o di giovani che possono competere nel settore artistico.
Le scuole di musica e di arte sono "doppiate" dalla TV, se un tempo "La corrida" di Corrado era una vetrina per esibirsi davanti a un pubblico ora la qualità e le performances non si fermano alla singola persona ma riguardano team, di artisti, che in questo spettacolo investono tutto, come accade in Tu si que Vales e così via.
Nessuno poteva immaginare in realtà che la musica e lo spettacolo fossero un'industria vera e propria che porta numeri di gran rilievo in Italia. Competizione e passione un mix assolutamente vincente, almeno per il business.
Ma oltre al pubblico televisivo e di internet questo menage rende? Secondo le stime offerte dalle case discografiche per i cantanti i risultati ci sono, e gli altri? Le pop star che provengono dai talent durano una stagione, a volte due, ma non sempre si ottengono vendite all'estero. Anzi, quasi mai. Sono quindi due i piani su cui si sviluppa, in seguito, il successo. Da una parte il pubblico affiliato partendo dalla TV e dal web, dall'altra restano gli stadi e i palazzetti, che vanno riempiti, in Italia e fuori Italia.
Dunque essere in testa alle classifiche di vendita on line non equivale sempre al successo e viceversa: la base forte e debole dei Talent è tutta qui. In attesa di una svolta, perché non è l'offerta che manca, neanche la qualità. Cosa non funziona allora nel mercato dello spettacolo italiano (MC)?