Questa sera nemmeno un alito di vento concede le sue fresche carezze all’
acacia stordita dall’afa di luglio, tacciono le foglie polverose dai rami
che si protendono fin sugli stipiti della finestra inutilmente aperta: il
caldo del giorno sembra aver esaurito ogni possibile frescura nell’aria
immobile. E seppure la luna, talmente piena da incombere sinistra nel vicolo
deserto e abbandonato, rischiara un buio denso senza stelle, s’alza
lentamente come una scia di fumo una nebbia lattiginosa e subdola che va
strisciando lungo tutto il muro dell’Artiglieria di fronte.
Lascio le persiane aperte rinunciando a quella prudenza d’obbligo abitando
al piano rialzato: il caldo già m’opprime quel pò di sonno che cerco di
afferrare tra le lenzuola ancora fresche.....è un grattare ritmico e
insistente che mi fa riemergere da un sogno appena definito, lì per lì non
realizzo neppure l’anomalia di quel suono che non dovrebbe esserci, poi,
completamente sveglia, apro sgomenta lo sguardo verso la finestra ed allora
scorgo una figura stagliarsi contro l’alone lunare : è un gatto, un grosso
gatto nero che mi fissa coi suoi occhi gialli!
Non un gesto tradisce le sue intenzioni ed, anzi, mentre continua a tenermi
sotto la mira del suo sguardo ipnotico, riprende con calcolata indifferenza
il suo raschìo contro quello che ora malauguratamente riesco a distinguere:
il mio libro di poesie appena finito di scrivere e personalmente rilegato,
pronto per essere spedito ad un quotidiano nella speranza d’una recensione!
“IL MIO LIBRO! “ D’un tratto l’ira spazza via la sorpresa, lo sbigottimento
e il senso d’irrealtà che mi tenevano inchiodata al mio letto: “maledetta
bestiaccia, adesso vedrai come ti faccio divertire...” ma il mio repentino
scatto viene di colpo bloccato da una reazione inaspettata e completamente
assurda di quello che fino a quel momento non era altro che un semplice e
normalissimo innocuo gatto nero: alle mie grida risponde con un tremendo
soffio e... gonfiandosi tanto da diventare il doppio poi un altro soffio e
sotto i miei occhi ormai allucinati continua a crescere...il triplo, il
quadruplo poi non so più capacitarmi di quanto sia diventato enorme, è lì’,
contro la finestra, sopra la mia scrivania, ma non uno spiraglio di luce
riesce a farsi strada attraverso quella massa enorme di pelo nero, solo il
giallo malevolo dei suoi occhi sembra farsi strada in quel buio ormai
totale, opprimente e talmente terrificante da farmi comprendere tutta l’
assurdità di quella situazione impossibile!
Mi vengono in mente tutte quelle ridicole superstizioni sui gatti neri alle
quali mi vantavo di non credere, alle storie di streghe ed incantesimi, ai
sacrifici rituali dove il gatto rappresentava la reincarnazione, agli
antichi egizi che di questo bistrattato animale ne avevano fatto un
dio...ora non ero più così sicura di riuscire a ridere di tutto questo,
anzi, per la verità ero certa che non avrei più riso per nessun altro motivo
perchè quella sarebbe stata la mia ultima e terrificante notte....
Dov’erano finite le mie certezze? Tutti i fondamenti della scienza, la
logica, il raziocinio e perfino la fede: dove si trovavano, perchè anzichè
rintanarsi sotto le lenzuola insieme alla mia paura non venivano a salvarmi?
Loro che erano state il sostegno di tutta la mia vita fatta di riflessioni,
di studio e forte impegno spirituale perchè all’improvviso contavano meno
di uno stupido gatto nero?
Era enorme, d ‘accordo, ma era sempre un gatto o forse tutto dipende dalla
grandezza e non dall’essenza? Il male, il demone ch’è dentro di noi ci
spaventa solo quando ci annienta completamente con la sua mole o non
dovrebbe ripugnarci come potenziale negativo in assoluto? Un granello di
terra non è forse tutta la Terra stessa? Non basta un piccolo schizzo di
letame per rendere un piatto o un bicchiere indiscutibilmente sporco? O ci
vuole un carro pieno di letame perchè il nostro olfatto e la nostro vista
siano colpiti dalla ripugnanza?
Quell’assurdo gatto stava letteralmente squarciando il mio libro eppure non
era il fatto che si trovasse lì a quell’ora di notte ad avermi
impressionato, non era nemmeno il rimpianto per le mie poesie (ne avevo
delle copie), era stato solo il suo crescere a dismisura a far sì che
perdessi completamente il controllo delle mie paure più ancestrali, più lui
cresceva più io regredivo ad uno stato primitivo fino a ritrovarmi
completamente nuda ed indifesa contro gli artigli d’un gigantesco scherzo
della natura!
Fu allora che iniziai a piangere, piansi per tutte le menzogne, per tutti i
pretesti che avevo eretto a difesa contro la paura, piansi per le verità
costruite, giorno dopo giorno per mascherare un vuoto spaventoso, piansi per
quelle mezze certezze con le quali riempivo il precipizio del dubbio, dell’
imprevisto accadimento, dell’inspiegabile fallo
ch’è il tenace segreto che racchiude la natura!
E mentre piansi venne il sonno che fu spezzato dai violenti raggi d’un sole
già alto e inferocito: mi alzai ancora intorpidita ad accostare le persiane
per godere d’un po' di riposo ancora, e fu lì, sotto la finestra, proprio
sulla mia scrivania, che vidi quello che il sogno non s’era portato via: un
libro di poesie appena rilegato orrendamente ghermito, irrimediabilmente
squarciato...!