Con fragorosi battiti di ali ancora possenti, cercò di sfuggire a quell’
oscuro tremito che lo serrava in una morsa gelida: era il presagio di cui
aveva sentito sussurrare gli anziani quando qualcuno di loro partito per l’
estremo, eroico ed ultimo viaggio, stramazzava sulla spiaggia rotolando per
un tratto come un sasso che precipita a valle e poi si ferma, così, di
colpo: ed allora in un solo momento, quell’uccello maestoso e celestiale,
diveniva una misera cosa fredda e ripugnante che tutti evitavano di guardare
roteando gli occhietti scuri e, zampettando, si allontanavano svelti in una
specie di funerale al contrario dove tutti ignorano il morto, forse perchè
la natura rispetta soltanto la vita dalla quale si può attingere vita come
da un seno sempre pronto e rigonfio.
La moglie del caduto, invece, s’attardava disperata accanto al suo compagno,
pigolando una strana nenia sempre uguale, un dolce canto di morte inventato
da chissà quale antico avo e tramandato nei secoli affinchè il grande dio
dell’aria accogliesse lo spirito indòmito del defunto che per nutrire la sua
famiglia era stato pronto a sfidare la furia del cielo, del mare e i tuoni
accecanti e tremendi con i quali gli uomini si divertivano a decimare le
loro colonie.
Anche lui, capobranco, rispettato e temuto, che la moglie chiamava “Ala
Raggiante”dal loro primo incontro quando lo vide contro il sole con un’ala
così lucente che sembrava risplendere di luce propria, sentiva giunto il
momento del suo ultimo viaggio: ma, quando s’accorse che ella, ancora
morbida e candida come quando l’aveva corteggiata volteggiando e mostrando
le sue enormi ali bianchi di cui andava fiero, la sua dolce sposa con la
quale aveva sofferto per ogni figlio perso al primo volo, la sua timida
compagna che aveva dovuto sostenere ad ogni migrazione che affrontavano
insieme, ala contro ala, lanciandosi frettolosi sguardi d’intesa amorosa,
sarebbe rimasta disperatamente sola e indifesa, perse tutto il suo coraggio
e, per la prima volta si sentì sconfitto.
Lei sentì la sua paura e alzò il becco acceso al cielo puntando dritto
contro il sole: sapeva che questa volta lui sarebbe partito da solo e l’
avrebbe lasciata su quel pezzo di roccia dove abitavano da tutte l’estati
che erano vissuti insieme ed allevato con trepido amore tanti figli da non
riuscire a ricordarli tutti quando, accovacciati dentro il tiepido nido, ne
rammentavano le gesta godendosi la fresca brezza dell’aurora che annunciava
il nuovo giorno.
Come fosse il primo volo d’un pigro figlioletto lo spinse dolcemente verso
il suo tormento perchè lui, “Ala Raggiante” era troppo fiero per morire
davanti alla colonia stramazzando al suolo come una piccola cosa inerme, di
cui la morte fa ridicolo scempio spogliandolo di tutto ciò che la vita
riveste di nobile e bello: e così lo avrebbe ricordato anche lei negli anni
brevi che le sarebbero rimasti della sua misera esistenza.
E lui finalmente si lanciò, spiegando le ali contro la luce folgorante ed
una, una sola s’accese di tutti i raggi del sole alto nel cielo prima di
virare in un largo giro e sparire oltre l’orizzonte scuro dove gli angeli
ripongono le piume per farne ali ai nuovi eletti.