Un solo grido si leva nella tendopoli di Manduria: Libertè!
Un solo grido si leva nella tendopoli di Manduria: Libertè!

Nei giorni scorsi è stato presentato il libro Libertè . Il foto reportage, dello scrittore e giornalista tarantino Fulvio Colucci e della fotografa Roberta Trani, è un “racconto fotografico in cammino”, come lo definisce l’autore, che vuole fermare gli istanti di una storia vissuta e “passata in fretta” fra le terre riarse della Puglia assetata di acqua e lavoro, una Puglia baciata dal sole, terra di ulivi secolari, muretti a secco e calici di primitivo.

Il libro nasce nei giorni caldi della Tendopoli di Manduria, il Cai allestito in fretta e furia a fine marzo, per ospitare i migranti africani. Tutti in partenza da Lampedusa, tremila a scaglioni solo nella prima fase dell’emergenza, per alleggerire le tensioni sull’isola. Un viaggio in mare, il secondo dopo quello tormentato dall’Africa in lotta, l’approdo sulla costa pugliese, poi l’arrivo nel campo di accoglienza immigrati. A Manduria i due autori, “zaino in spalla, macchina fotografica al collo e occhi ben aperti” vogliono vedere, capire, ma soprattutto raccontare quei giorni, “i giorni della polvere e dell’indignazione, della rabbia e del coraggio, della paura, delle sassaiole, dell’attesa, dell’ansia di rimanere reclusi o rimpatriare”. Documentano tutto, sfocando, rincorrendo, annotando, permettendo agli eventi di cambiare l’abito del pregiudizio. Anche la loro è una corsa, per acciuffare un volto, una ruga, la malinconia e strappare un sorriso.

Fulvio e Roberta rivolgono i propri obiettivi su quella quotidianità fatta di partite di calcio, emergenze umanitarie, proteste, manifestazioni e concerti improvvisati e hanno cercato, in un tentativo ben riuscito, di leggere la Storia fatta di tante piccole storie, guardando la disperazione che va via.  Una disperazione fatta di immagini e parole, senza andare mai oltre e rispettando il tacito dolore e sconforto di ogni uomo. Una disperazione che si è scontrata con il paradosso della società di oggi, in cui razzismo, repressione e accoglienza sono parole che destano paura e timore.

“Dobbiamo ormai capire che il mondo è diventato unitario e che l’umanità è toccata nello stesso momento da tutto ciò che accade. Il mondo tuttavia probabilmente non è ancora pronto a questa idea di universalità”, scrive Pino Scaccia nell’introduzione." Un nuovo razzismo non più ideologico, non più legato al colore della pelle ma alla lotta per la vita, alla sopravvivenza in un paese senza frontiere, in una società ormai multietnica e quindi anche multirazziale, dove bisogna accettare l'impossibilità di fermare la speranza, questo grande sogno”.

 

Nicla

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