Book Description
Publication Date: February 6, 2014
In questo senso il ruolo dell’animatore non è tanto quello di divertire, di fare, di esprimere, di essere attivo, protagonista, anzi il suo ruolo deve essere quello di “far divertire, far fare, far esprimere, di rendere l’utente attivo ed espressivo, renderlo il vero protagonista, responsabile della costruzione di relazioni e comunicazione”. L'animatore non è solo figura che intrattiene attività relazionali, ma anima e promuove attività creative che concorrono a favorire e a dilatare il campo delle esperienze del bambino per cui è pure chiamato a dotarsi di competenze tecniche: d'animazione, di conduzione di gruppi e di tipo organizzativo.
Per l’animatore non si pone semplicemente il problema di intrattenere i bambini (quindi del “che gli faccio fare?”), ma cosa ancor più importante è chiedersi: “come li faccio giocare? Che messaggi, che valori trasmetto loro con/nel gioco?”.
GIOCARE = EDUCARE
Al di là delle differenti motivazioni che spingono ciascuno di noi a dedicarsi ad un'attività d'animazione e di svago (nelle feste, nelle colonie, nei soggiorni e nei campi estivi di vacanza, rispettivamente nelle diverse iniziative d'animazione per bambini e adolescenti) esiste alla base dell'azione educativa un comun denominatore: i nostri interventi, le nostre azioni, i nostri modi di agire non sono mai neutri; o sono educativi o sono diseducativi.
Significa quindi che non si può non educare, neppure in una situazione temporale relativamente breve come quella di un soggiorno di vacanza o di un'attività d'animazione.
Essere animatore in qualsiasi iniziativa d'animazione, significa innanzitutto assumere delle responsabilità e l'assunzione di "responsabilità" comporta di riflesso l'instaurarsi di una relazione con qualcuno, con "un altro", un bambino, un giovane, un adulto. A sua volta ogni relazione instaurata con l'altro è "un'attività", "un'attività educativa" e l'esercizio di questa attività educativa richiede alcune condizioni di base, alcune "qualità" personali che ogni persona può coltivare per esercitare il ruolo d'animatore che, come abbiamo citato all'inizio, è lavoro educativo.
Come approfondiremo più in là, il gioco è lo strumento per eccellenza dell’Animatore Il gioco è un ottimo mezzo per proporre attività, temi e contenuti importanti. L’educatore/animatore, se vorrà far acquisire al bambino il suo messaggio, dovrà usare il più possibile il gioco perché il bambino percepisce ciò che passa attraverso l’esperienza sensibile. Ma non basta il gioco, non basta cioè essere un profondo conoscitore del gioco e del suo utilizzo.
Di seguito elenco una serie di “qualità” dell’Animatore che sono indicative e non esaustive:
A) L'animatore ha un bagaglio personale di conoscenze (cultura generale, elementi di psicologia dei bambini/ragazzi, le dinamiche di gruppo, alcune tecniche pratiche relative a musica, giochi, manualità…)
B) L’animatore è capace di relazioni interpersonali autentiche
a. si “presenta”, non si “rappresenta” (è se stesso)
b. comunica con rispetto, franchezza e sincerità
c. conosce e legge i linguaggi non verbali (il corpo, i gesti, gli sguardi, i silenzi, i toni di voce…)
d. sa ascoltare
e. sa mettersi in sintonia con chi gli è vicino ( = empatia)
Deve essere inoltre in grado di non suscitare, anzi di saper sciogliere, situazioni di ostilità e aggressività. E’ importante saper parlare ai bambini quanto saper farli parlare: l’espressione verbale è un momento di condivisione e comprensione del gioco attraverso la quale si comunica un’esperienza e/o si può modificare un comportamento.
C) L’animatore considera positivamente gli altri e le situazioni in cui vive. Perciò sa lavorare anche nella difficoltà (sa che gli ostacoli ci possono essere, prova a prevederli, e non si abbatte quando li incontra).
D) L'animatore è autorevole. Cioè non è autoritario (cioè non impone agli altri il suo volere, comandando). Sa mettere in equilibrio tolleranza dell'errore, giustizia, permissività, ricordandosi sempre che la re
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