Sulla prima letteratura italiana influirono in modo determinante le liriche d’amore in provenzale, che fiorirono verso la fine dell’ XI secolo nelle corti raffinate della Provenza. Le liriche cantano essenzialmente l’amore cortese, ossia un amore fortemente idealizzato verso la donna, che diventa così il termine per la perfezione dell’anima. Agli ideali di vita cortese si ispira la scuola siciliana, che nasce alla corte dell’imperatore Federico II e dà vita al primo linguaggio letterario italiano vero e proprio.
Verso la metà del Duecento, con il tramonto della potenza seva in Italia, il centro della vita culturale si sposta dalla corte siciliana in Toscana. I poeti della scuola Toscana percorsero il “dolce stil novo”, il movimento letterario più importante della seconda metà del 200; ne fu iniziatore il bolognese Guido Guinizzelli che seguirono Guido Cavalcanti, Dante Alighieri , Lapo Gianni e Gianni Alfani. Protagonista della poesia stilnovista non è più tanto la donna amata, quanto l’interiorità del poeta in riferimento all’amore: un maggiore affinamento alla forma espressiva è affiancato da una nuove indagine psicologica, mentre come vera nobiltà non viene più considerato il privilegio dinastico, ma la personale virtù morale. Accanto a questa poesia amorosa, ci fu anche la poesia comico – realistica e quella didascalica, che per la prima volta non fu più in latino ma in volgare.
Nel Duecento, accanto a quella lirica, fiorisce anche la letteratura religiosa e in particolare quella umbra, con San Francesco D’Assisi, di cui ricordiamo “Cantico di Frate Sole o delle Creature” e Jacopone da Todi, che composte 103 laudi di ispirazione religiosa.