Il problema dell’assenza dell’abitare. Il popolo degli ultimi
Il problema dell’assenza dell’abitare. Il popolo degli ultimi
In “Espressione occupante” (Manuela Marziale, Espressione occupante, Amazon, 2008), Manuela Marziale fa, all’inizio del libro, una panoramica sostanziale e al-larmante di ciò che riguarda oggi l’emergenza abitativa, la situazione dell’edilizia popolare, raffrontandole poi a tutte le tematiche correlate: l’edilizia di proprietà, il costo degli affitti, gli sfratti, la manutenzione degli immobili, la morosità dei ca-noni, l’abusivismo, i condoni, i mutui non solvibili, ecc.
Vi affianca i dati sull’aumento della percentuale di povertà sociale. Certo, le indagini devono esse-re accurate per stabilire lo stato di vera “povertà” perché sappiamo che i metodi per evitare controlli sono tanti e furbeschi per cui potrebbe risultare povero chi povero non lo è per nulla.
E toglierebbe così il diritto a chi lo è veramente. “Non è più possibile perdere tempo in percorsi che risultano inefficaci, l’edilizia sociale ita-liana ha necessità prioritaria di essere affiancata da nuove forme di gestione che concepiscano il coinvolgimento di tutte le realtà comprese quelle locali e cittadine, un obiettivo verso la coesione sociale, la convivenza e la lotta alle marginalità”, (op. cit. p. 12). Insomma, la situazione degli alloggi è drammatica.
Il libro è un’aperta denuncia di speculazioni, di tutti i sotterranei compor-tamenti volti unicamente al profitto che non tengono conto delle esigenze di chi cerca casa: si parla, infatti, anche dello spinoso argomento dell’occupazione di immobili: “Chi sono i responsabili, coloro che costringono ad occupare o quelli che sono costretti a vivere in occupazione per mancanza di alternativa? (Antonella Pedacchia Introduzione, op. cit., p. 17). “La necessità di tutti è avere un reddito da lavoro ed avere la casa, le due cose sono strettamente connesse perché l’assenza dell’una comporta insostenibilità dell’altra, con la pandemia Covid-Sars la situa-zione è precipitata”, (op. cit. p. 17).
Questo libro spiega una differenza importan-te: una cosa è la lotta dei movimenti popolari per il diritto alla casa, dove le fami-glie prendono “possesso” di interi edifici vuoti, abbandonati, lasciati al degrado, intavolando dibattiti con le istituzioni e una cosa è il racket delle case. In quest’ultimo caso sono occupati appartamenti popolari di persone che vanno in vacanza o all’ospedale o che sono decedute.
È interessante notare come l’occupazione porti con sé molti aspetti positivi: la “socialità” in altra forma che si instaura fin da subito, la condivisione che in un condominio spesso non trovi, legami profondi e un altro modo di interazione, (op. cit., p. 78). “I lati positivi dell’occupazione sono che, quando si è in difficoltà dagli animi delle persone esce il buono, molti diventano compagni di vita e lo rimangono per sempre, ci si aiuta l’uno con l’altro, a parte litigare che è umano in queste situazioni e in questi spazi ridotti”, (op. cit., p.94). Dopo un’introduzione riccamente documentata da dati e statistiche, segue una lunga presentazione a cuore aperto di Manuela che ci rac-conta il suo percorso: l’esperienza dell’occupazione, la prima mostra astratta in-terattiva, poi l’arte della vetrofusione e le tecniche trasmesse dal padre, il Mae-stro.
La terza parte è costituita da una serie di testimonianze sull’integrazione, gli esperimenti multiculturali e multietnici, su ricerche di approccio etnografico, sulle marginalità urbane, le nuove migrazioni e le relazioni etniche in Italia, Francia, Tunisia, Nord Africa. Tra tutte le testimonianze, sono particolarmente interessan-ti quelle di Ciccio Pulvirenti e della Dottoressa Chiara Bianchini che trattano ri-spettivamente, gli aspetti delle occupazioni in Europa e gli aspetti del mondo Erasmus con conseguenze della politica moderna. Infine, sono interessanti le te-stimonianze delle San Lorenzine e trasteverine in estinzione. Sono rimasta molto colpita dalla storia di Raffaella, in lotta quotidianamente con l’ufficiale giudizia-rio, problemi economici, di lavoro, ritmi pesanti, sfratti e licenziamenti mentre deve anche crescere una figlia da sola e da quella di P3pp3 che a 11 anni ha perso la sua spensieratezza perché il patrigno abusava di lui, all’insaputa di tutti, che a quattordici anni ha perso la mamma ammalata di tumore, che va in cerca del pa-dre (che vive a Bari in casa in compagnia della nonna), studia, lavora e il cui cuore immenso, lacerato da mille ferite e sofferente, arriva a compiere un gesto estremo: “!questo non volevo farlo, ma devo”, (op. cit., p. 95). Tutte persone de-gne di attenzione e considerazione che non devono assolutamente essere conside-rate come barboni o vagabondi o delinquenti. Molto bella anche la difesa della vi-ta in campagna di Alexander, che lascia la prigione circense, la polvere della città per scoprire la luce, il calore, il sorgere e il calare del sole, le passeggiate nei bo-schi al chiaro di luna: io voglio sciogliere le mie paure… Ben vengano associazioni e volontari (che vanno sostenuti) che spendono tempo e fatica per il bene comune. Tutte queste esperienze meritano di essere co-nosciute. In questa moderna vita cittadina, caotica e spersonalizzata, non dob-biamo mai cessare di pensare agli altri e di occuparci di chi ha più bisogno.
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