Iole Chessa Olivares, Molto alte volano le schegge
Il mondo non è perfetto, la vita non è perfetta e bisogna vivere, PRESENTI, nel prodigio di un attimo: la Poetessa Iole Chessa Olivares ci ha abituati a capire e sentire che è così attraverso le sue raccolte poetiche e lo ribadisce anche con l’ultima, L’amore?...No, il suo quasi, Ensemble, 2021.
Ciò che colpisce da sempre e da subito in quest’ultima silloge è la volontà di ESSERE, una determinazione nata dall’esigenza di dare voce all’anima: Voglio stare nel vento…; voglio carpire / “il nascosto” / nel malessere del mondo… (p. 38), una vocazione a sondare l’insondabile, il mistero che tutti ci accomuna, mistero profondo che si identifica con la metafora della miniera:
Nell’arcana miniera
sempre rimossa
una vera armonia.
(Nell’arcana miniera, p. 37)
Non è un caso che l’aggettivo arcano ben si addica al mistero e questo mondo sotterraneo e segreto altro non è che il nostro inconscio:…Aperta alle correnti d’aria e al vento – vento dello spirito -. La poetessa non disdegna gli abissi dell’anima, il caos dell’io frantumato e incerto che cerchiamo sempre di evitare e rimuovere: dalla notte Iole torna carica di armonia, sinfonia, musica e epifania nel tentativo di ricomporre il mondo. Quel mondo da scrutare, sorprendere, spiare da una fessura perché c’è sempre una fessura (Sempre presenti, p. 51), una rottura, un’incrinatura nel tutto dove cova il patire umano (Solo il canto, p. 53) ma pur sempre un’apertura: Inattesi / s’alzano uccelli / delle piume / liberano / la maestà dolente / mostrano al cielo / la fessura dell’occhio sghembo / inerme / umido di stelle… (Ancora una nota, p. 63).
Vorrei soffermarmi sulla metafora delle stelle, infinitamente vive, eterne randagie (come la poetessa, come noi). È veramente il caso di dire che le stelle stanno a guardare: e più di una stella / contempla / il diamante del tuo sguardo…(Al poeta, p. 41). Emblematica la lirica che si intitola Occhio di stella (p. 47):
Ora che la mia anima
ti pesca
nel cielo del tempo
non mi lasciare
occhio di stella
luminosa consonanza
che mai delude.
È tardi
ma tu indugia più che puoi
dopo il mio epilogo
raccogli l’essenza nelle tue fibre
e…incantata
più alta del destino
vivi per me ogni alba e tramonto
in testimonianza
senza averne tormento.
Colpisce il linguaggio della poetessa, toccante e intimo, nel rivolgersi all’astro amico, che ama, alla sorella vigile…non mi lasciare…alla stella finestra del mondo - che la protegge. La stella riceve da Iole un’eredità che ha il compito di custodire. Leggera – vera stella polare -, la stessa consentirà alla poetessa di raggiungere l’immortalità (Forse il risveglio / sarà resurrezione / l’aspetto…(Sono io il mio paese, p. 59): vivi per me ogni alba e tramonto / in testimonianza…Iole segue la sua stella anche lei imperfetta: Una fiducia labile / provvisoria / appesa al cuore / come stella cadente / pur tutta via stella. (Sempre presenti, p. 51). Il trapasso avverrà in grembo alle stelle
Che hanno la qualità di illuminare, di essere fonte della luce. Il suo carattere celeste ne fa anche simbolo dello spirito e, in particolare, del conflitto tra le forze spirituali, o della luce, e le forze materiali, o delle tenebre. Bucano l’oscurità, sono fari proiettati sulla notte dell’inconscio (miniera).
Le stelle non sono creature puramente inanimate: un angelo veglia su ognuna di esse. Da qui, la stella è simbolo dell’angelo: l’Apocalisse parla di stelle cadute dal cielo come si parlerebbe degli angeli. E non è un caso che la poetessa ne fa menzione nella lirica Senza confini (p. 65): …lungo piume d’impronte / lasciate forse / da un angelo.
Sappiamo già del lavoro incessante di Iole sulla parola nella ricerca della parola giusta, ecco la figura del poeta al quale spetta inseguire / parole legami incorruttibili (Al poeta, p. 41)
Il rapporto di Iole con la natura è del tutto particolare: la poetessa addita i pericoli dell’allontanarsene e sprona ad una inversione di rotta (Invertire la rotta, p. 79). L’uomo DEVE prendere coscienza dell’importanza del grembo della GRANDE MADRE / amore, carne delle origini /anche se l’infezione del mondo / irride il patetico intento. L’uomo deve tenere l’occhio fisso alla Natura e smettere di pensare alle vischiose alchimie dell’utile…Anche la NATURA è QUASI…”QUASI PARADISO”!
La poetessa sprona a tornare alla natura con entusiasmo, mirando ad un futuro radioso e a smettere di svilire colei che ci ha donato molti frutti.
In fondo tutto il libro è improntato alla speranza, al sempre rinascere / in un oltre più ampio, ad un nuovo seme che DARA’ LUCE (Il coro dei perdenti, p. 117), a quel quieto richiamo / dell’uomo all’uomo: non solo quella di un rinnovato rapporto con la natura ma quello di una futura umanità non più prigioniera dell’utile, senza soprusi / delitti, inganni. Quella di tutto reinventare, di un ritrovato amore per gli altri, per i perdenti, per le donne umiliate (In questa terra / NEGIN e le altre / sulle corde di antichi strumenti / mutano soprusi, pregiudizi / di antiche usanze / in esaltante sinfonia / NO, NON TORNERANNO / AL TEMPO SOTTERRANEO (Negin e le altre, p. 97); per le vedove di Zanabad (p. 95); vper le donne che non contano nulla; per chi soffre; per le vittime dei naufragi, delle guerre; per i bambini trucidati (Aylan Kurdi, p. 89); per chi subisce soprusi e per i poeti, in particolare cinesi la cui voce resta inascoltata (La Cina paese indifferente / all’orlo del cuore / al dubbio / nel misero sonno di confine, Cantori liberi, p. 91): ma VOI CANTORI LIBERI / puntate il dito / sulla grazia colorata del suo arco / sulla sua luminosa ampiezza / perché si perdono / certa storia in cammino / e…se mai sfiorata la porta del cielo / lasci andare /il nuovo seme / un “mai visto” / per un’umanità senza soprusi / delitti, inganni. (Cantori liberi, p. 93).
Fausta Genziana Le piane