Spesso si parla di lei come una delle prime femministe italiane ed è conosciuta dal grande pubblico letterario per aver scritto il romanzo autobiografico Una donna pubblicato nel 1906 e cominciato a scrivere quattro anni prima. Un’opera senza dubbio rivoluzionaria, dato il contesto sociale e culturale della scrittrice, che ebbe un’immediata fortuna in Italia, tanto da essere tradotta in varie lingue. Il romanzo segnò la nascita di una nuova autrice, in realtà, l’opera di Sibilla Aleramo (pseudonimo di Rina Faccio) non si esaurisce con quest’esperienza: nella sua carriera artistica se ne rintracciano altre di notevole pregio. Successivamente, a Firenze, entra in contatto con l’ambiente vociano e, nel 1912, inaugura il suo secondo lavoro dal titolo Il Passaggio edito nel 1919, si tratta di una sorta di integrazione del primo romanzo. In quel periodo conosce, a Parigi, Gabriele D’Annunzio dal quale sarà influenzata: anche Sibilla tenterà, come l’inimitabile poeta abruzzese, di far diventare la propria vita un’opera d’arte. Ciò si evince da Trasfigurazioni, una lettera, non spedita, indirizzata alla moglie di Papini.
Si rivela degna di nota anche l’opera dei taccuini e dei carteggi con gli amanti: Amo dunque sono (1927) raccolta di lettere, non inviate, indirizzate a Guido Parise e del Frustino (1932) in cui narra della relazione con il critico e scrittore Giovanni Boine. Anche alcuni articoli di giornali, scritti per Il Tempo, La fiera letteraria, il Giornale d’Italia ma anche Pegaso, Il popolo di Roma, risentono dello stesso spirito e vengono riuniti poi in due raccolte: Gioie d’occasione (1930) e Orsa minore (1938).
Da non trascurare anche la vena lirica della scrittrice, tanto da essere annoverata tra i più significativi, anche se non notissimi, poeti del secolo. A questo proposito si ricordano: Momenti (1921), Poesie (1929), Sì alla terra (1935), Selva d’amore (1947), Aiutatemi a dire (1951) e Luci della mi sera (1956) e un tentativo di opera drammaturgica, dal titolo Endimione (1923) e improntata a D’Annunzio e Maeterlinck, che narra la storia dell’atleta olimpionico Tullio Bozza morto in modo tragico. La pieèce ottiene successo a Parigi, ma viene fischiata in una rappresentazione torinese.
Da un punto di vista dell’impegno civile e politico non si può non menzionare l’adesione, avvenuta nel ’25, al Manifesto degli intellettuali antifascisti voluto da Benedetto Croce. Entra poi in contatto con l’attentatore del duce (Anteo Zaniboni) e verrà, addirittura arrestata, ma riuscirà ad uscirne grazie ad un incontro con Mussolini. Negli anni Trenta, però, la vediamo accettare un compromesso col Fascismo: si iscrive all’Associazione nazionale fascista donne artiste e laureate e vince il premio Latinità con Gioie d’occasione (tradotto in francese). Ma, più tardi, avviene un cambiamento di rotta: a più di sessant’anni, milita nel partito comunista (è il periodo dell’amore con il giovane poeta Franco Metacotta) e collabora con giornali come L’unità e Noi donne raccolti poi in Mondo Adolescente (1949). Non cessa la vena diaristica ed ecco che pubblica Diario di una donna. Inediti 1945-1960. Gli ultimi anni della sua vita sono contrassegnati da un forte e costante impegno politico militante, continuando ad essere, nonostante l’età, sempre in prima linea. La morte avviene nella capitale, all’età di ottantaquattro anni.