Insonnie e visioni di Rosario Napoli
Non è forse proprio questa la fine?
Nel titolo della raccolta poetica di Rosario Napoli, Insonnie e visioni, Edizioni Progetto Cultura, 2019, l’esperienza emotiva del poeta è ben localizzata: la notte - buia, silente, illune - si concretizza in apparizioni oniriche: malia e certezza di una visione / che del tutto ci sveli l’uno all’altra / me a te e viceversa (…) (Futuro, p.34). È il momento dei ricordi, dei pensieri, dei sogni, della sensazione di vuoto.
Il mondo poetico di Rosario Napoli è fatto di buio, oscurità, squallore, ombre, nulla, vuoto, morte, baratro, ecc. Al di là di quelle che possono essere le vicissitudini famigliari, c’è una moderna forma di spleen (lo spleen è uno stato d'animo caratterizzato da una profonda malinconia, insoddisfazione e noia) nei versi del poeta, di quel mal di vivere reso in poesia da Charles Baudelaire, padre della poesia moderna. Qui, nei versi di Rosario, troviamo gli umani, girovaghi smarriti oppure fantasmi, ecc., ma questa malinconia o depressione comincia prima, e, dal Romanticismo di Chateaubriand arriva alle forme più moderne espresse, per esempio, nel romanzo dell’indifferenza di Alberto Moravia (Gli indifferenti). Naturalmente la notte, che porta con sé una instancabile insonnia (Morfeo è indaffarato), è il momento più indicato per il pessimismo, è una notte di tormento in tutti i sensi, il frastuono dei pensieri che sempre
(…) si moltiplicano,
si accavallano, vagano, s’impigliano
nelle reti di anime
vive (…) (Insonnia I, p. 28):
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l’insonnia notturna
è una teoria
lunghissima di volti conosciuti
una lunga pellicola che scorre
negli occhi della mente. (Insonnia II, p. 47)
E le visioni? Raccapriccianti. Fantasmi, cadaveri, facce sporche e ignote. Charles Baudelaire parla di cielo basso e pesante….
Ma, questa oscurità non è negativa del tutto, senza speranza, c’è sempre uno spiraglio di sole (il lampo della speranza):
Il sole
S’insinua negli squarci aperti da
Giove tonante.
Illumina la strada degli umani,
girovaghi smarriti. (Il sole, p. 9)
In fondo al tunnel c’è speranza, sprazzi di luce che, anche se offuscata, indica la strada L’uomo cerca disperatamente questa Luce (con la ”L” maiuscola), questa luce vera, e, non trovandola, spesso ha l’impressione di non avere mai vissuto:
Disillusione
Toccare il cielo ritrovarsi
dentro
il vuoto che ogni giorno
aspetti di colmare
t’illudi di riempire
intanto che nel baratro
sprofondi. (Disilluso, p. 15)
L’uomo ha bisogno di illudersi anche se la vita è caos: il poeta aspetta l’alba / d’un più nuovo mattino / aspetto un sole / che illumini il cammino. (Albero spoglio, p. 36). La metafora del cielo plumbeo, dell’atmosfera vischiosa ci riporta proprio a Charles Baudelaire, a quella malinconia moderna, a quella spaccatura tra aspirazione all’infinito e consapevolezza dei propri limiti entro la quale l’uomo contemporaneo si dibatte (costante coazione, tra trauma e sogno / di cui non puoi riunire le scissure, Rimozioni, p. 32). Non rimane che la solitudine, alla fine? No. Ecco la figura del cane (il latrare dei cani): sarà il solo a gioire del ritorno a casa del poeta? Non c’è mitologia che non associ il cane alla morte, agli inferi, al mondo di sotto: il cane guida l’uomo nella notte della morte, dopo essere stato suo compagno nella vita. Ma il cane, al quale l’invisibile è così famigliare, non si accontenta di guidare i morti, serve anche da intermediario tra questo mondo e l’altro. Il cane dunque, oltre che amico, è per il poeta una potente guida.
Basta poco per superare la solitudine e gli impulsi dolorosi: una telefonata attesa e corrisposta, un abbraccio, un abbraccio sonoro, un incontro, una voce, il contatto di una mano, tenere premure. Insomma, un abbraccio di vita.
Fausta Genziana Le Piane