Uscito nelle sale venerdì scorso, “La fuga di Martha” racconta l’odissea di una ragazza che tenta invano di liberarsi dall’incubo della setta in cui è stata prigioniera volontaria per oltre due anni.
Martha che dopo essere scappata trova rifugio tra le braccia della sorella maggiore. Martha che cerca di dare un senso alla sua vita e prova a costruirsi un futuro. Martha che per due anni è stata Marcy May, ora non sa più chi è.
Elizabeth Olsen interpreta brillantemente questa giovane donna in fuga dalla setta religiosa e da sé stessa. Ottima la scelta registica di alternare la difficoltà oggettiva della protagonista di reintegrarsi nella società ai flashback di un triste passato fatto di violenze e abusi in cui la normalità era rappresentata “dall’ama il tuo vicino chiunque esso sia”. Il battesimo del carismatico, quanto enigmatico, padre spirituale Patrick (John Hawkes) altro non è che un dispotico rapporto sessuale con il “maestro”. Lunghe sequenze cariche di tensione si alternano a ricordi angoscianti della protagonista, totalmente incapace di distinguere il bene dal male.
Non male l’esordio registico di Sean Durkin (suo il premio alla regia al Sundance Film festival 2011) se non fosse per la fastidiosa scelta di un finale non detto. Lo spettatore – affascinato dagli occhi della Olsen – resta deluso da una conclusione tanto affrettata quanto inesistente.
Angela Di Giacomantonio