Diretto da Enzo Monteleone. Scritto da Cristina Comencini ed Enzo Monteleone.
Con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Valeria Milillo, Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher, Carolina Crescentini.
Commedia - drammatico, 94 min.
Italia, 2009.
Il testo teatrale di Cristina Comencini, trasposto dal palco allo schermo cinematografico, ci racconta la vita, i sogni, le delusioni e i dolori di otto donne: le madri che hanno vissuto i luminosi anni Sessanta, e le loro figlie che si districano nella confusione di fine millennio.
Claudia (Massironi) è la perfetta madre di tre figli che decanta le gioie della maternità e sopporta in silenzio i tradimenti del marito. Gabriella (Buy) rimpiange di aver abbandonato la promettente carriera di pianista per rimanere a casa a crescere sua figlia, aspettando il ritorno del marito dai suoi concerti in giro per il mondo. Sofia (Cortellesi) tradisce il marito che la tradisce, come unica consolazione e diversivo dal suo matrimonio che ha accettato solo perché era incinta. Beatrice (Ferrari), che sta per concludere la sua prima gravidanza, ha un disperato bisogno di credere che la sua vita matrimoniale sarà felice come nei migliori romanzi d’amore, e che i figli siano la cosa più bella del mondo nonostante i lancinanti dolori del parto. Trent’anni dopo, le loro figlie si ritrovano nella stessa casa in cui le loro madri si incontravano per giocare a carte e chiacchierare e, al posto delle carte, mettono sul tavolo i loro problemi e le loro preoccupazioni. Cecilia (Milillo) si è presa un anno sabbatico dalla sua carriera di avvocato, per tentare ogni possibile forma di inseminazione artificiale in Svizzera, dato che non desidera altro che un figlio. Sara (Crescentini), al contrario di sua madre, ha scelto di non sposarsi per inseguire il successo come pianista, e ora odia e adora allo stesso tempo l’uomo che l’aspetta a casa. Rossana (Pandolfi), medico, riesce ad avere un po’ d’intimità con il marito solo nella casa al mare, dopo aver spento i rispettivi cellulari. Giulia (Rohrwacher) si domanda per quale ragione sua madre abbia deciso di suicidarsi, e perché il suo fidanzato non voglia un legame troppo profondo e familiare con lei.
Certamente è innegabile l’origine teatrale del film; ma è volutamente innegabile: Monteleoni si limita a trasferire le vicende scritte dalla Comencini in un appartamento con due arredi diversi, aggiungendo solo una scena esterna. Perché l’attenzione è tutta rivolta alle otto donne e alle loro storie. La sceneggiatura, che oscilla continuamente tra commedia e tragedia, tocca in modo acuto e sincero alcuni temi fondamentali nella storia delle donne: la sottomissione ai propri mariti prima, e la difficoltà di vivere un amore coinvolgente e duraturo poi; l’impossibilità di lavorare e di essere indipendenti economicamente prima, e la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia poi; il linguaggio più castigato rispetto al sesso di ieri (definito dalla Massironi “quelle cose lì”); l’inevitabile destino della maternità imposto ieri e oggi dalla società che si ritiene inopportuno non condividere. Va detto, però, che il primo atto è assai migliore del secondo, sia per scrittura, sia per recitazione.
Le otto attrici dimostrano incontestabilmente la loro bravura, ma su tutte spiccano Cortellesi e Rohrwacher. Eccellente la contrapposizione delle scenografie e dei costumi: dai vestiti color pastello degli anni Sessanta, incorniciati nei colori altrettanto vivaci dell’arredamento, si passa al nero delle donne di oggi, appoggiato su divani candidamente bianchi. Buono il tentativo del regista (aiutato dal montaggio di Cecilia Zanuso) di muovere la telecamera continuamente da un volto femminile all’altro, per cercare di far dimenticare l’esistenza di un unico set; sarebbe stato interessante, però, affiancare alla scrittura di una donna anche la regia di una donna. Dolcemente coinvolgente il tema musicale che fa da sfondo ai più intimi momenti di riflessione.
Probabilmente un uomo si annoia guardando Due partite, e si domanda perché le donne siano così complicate; ma una donna non può annoiarsi di fronte a queste storie perché non può fare a meno di riflettere sulla propria vita e su come sia difficile comportarsi secondo le regole che la società continua ad imporre, cercando però di sfruttare le possibilità maggiori e diverse che oggi la vita ci riserva. Insomma, Monteleoni e Comencini si aggiungono alla lunga lista di coloro che tentano di rispondere all’irrisolto interrogativo di Freud su “cosa vogliono le donne?”, e lo fanno in modo più che apprezzabile.