Costa Concordia, il sogno di un viaggio di migliaia di persone, si è fermato tragicamente all'Isola del Giglio per quello che vien di già indicato come il più grave disastro nautico per passeggeri del Mediterraneo che la mente possa ricordare.
Eppure quella nave, imponente e pesante, lì non ci doveva essere, troppo vicina alla costa, troppo rischioso rasentare gli scogli con lo scafo, per il brivido di passare stretti stretti a un paesaggio di spicco, per fare evento, per creare movimento, interesse e turismo, insomma per danaro. Già su internet si trovano numerose testimonianze di persone che hanno la certezza che questo evento pericoloso, da tempo era diventato una moda, passare rasente la costa per fare immagine, pubblicità.
Mai un Comandante deve abbandonare la nave prima che i passeggeri siano al sicuro, mai deve rischiare così tanto senza seguire le indicazioni precise e perfette che le carte nautiche riescono al giorno d'oggi a dare e mai deve permettersi di guidare un "mostro dei mari" come se fosse una "vecchia ciabatta".
Il tempo per il sole e per il mare due giorni fa si è fermato, con uno schianto imponente, lo schianto della velleità dell'uomo contro la solidità della natura.
Simbolo di un orrore che descrive pienamente la superficialità della cultura moderna: un "cetaceo" enorme, morto, fa ora capolino nel "Santuario dei cetacei" un luogo vergine dove mai si sarebbe dovuto permettere qualcuno di superare il limite che all'uomo è concesso per godere della naturali bellezze del pianeta.
Professionalità mancata, che ha fatto seppur minime, troppe vittime. Troppe per un errore umano evitabile. In un giorno in cui il mare, forza maestosa del pianeta, nulla aveva da rimostrare, nulla dava da temere. Bastavano poche miglia, un pò di rispetto, e tutto sarebbe stato diverso.