Cittadini del mondo. L’esperienza di due giovani risiedenti a Tokyo
Cittadini del mondo. L’esperienza di due giovani risiedenti a Tokyo
Noi tutti guardiamo all’Oriente come ad un mondo lontano, fatto di storia, antiche tradizioni, culture intriganti e splendide architetture. Cina, Giappone, Corea, Taiwan, Mongolia, Singapore sono solo alcune delle nazioni capaci di esercitare in noi occidentali un intramontabile fascino magnetico. Ma come si vive realmente là dove sorge il sole?
Ce lo racconta un ragazzo italiano trapiantato nel paese del Sol Levante, precisamente a Tokyo, una delle megalopoli più ricche e moderne d’oriente.
1. Presentati.
Ho 29 anni e sono originario della provincia di Venezia. Nel 2005 mi sono laureato in ingegneria meccanica presso l'Università di Padova, poi ho lavorato per quattro anni in uno studio professionale.
2. Da quanto tempo vivi a Tokyo e perché?
Ormai vivo qui da un anno. Dopo il periodo lavorativo ho deciso di tornare a studiare e ho scelto di farlo in Giappone presso un Istituto di Tokyo dove seguo un master in ingegneria nucleare che durerà in totale due anni.
3. E' stato facile ambientarsi in un Paese così culturalmente e linguisticamente diverso dall'Italia?
Ero già stato in Giappone come turista, pertanto avevo già avuto modo di vedere quanto la vita qui sia molto diversa dalla nostra. Per quanto riguarda la lingua devo dire che mi sto abituando. Dopo un anno comincio a capire qualcosa di giapponese e a fare i miei primi discorsetti “facili facili”. Da autodidatta avevo imparato alcune espressioni e l'alfabeto, ma la parte più difficile restano i "kanji", ovvero gli ideogrammi che permettono di esprimere la maggior parte delle parole: vanno imparati a memoria e a volte interpretati per capire il significato della frase, andando spesso per tentativi. Ad esempio mi è capitato di comprare delle uova pensando che fossero fresche, in realtà erano sode! Fortunatamente l’istituto in cui studio fornisce regolarmente corsi di lingua per gli studenti stranieri, divisi su vari livelli o classi, e le lezioni sono in inglese. A volte mi è ancora difficile interpretare scritte e cartelli, o comunicare con gli altri perché molti giapponesi non parlano inglese (non ho ancora capito se tra i giovani c’è davvero chi non lo sa o se fanno finta di non saperlo!).
4. Come sono i giapponesi?
Sono un popolo tutto sommato cordiale e disponibile. A Tokyo sembrano più freddi che in altri posti, ma non voglio generalizzare, son talmente tanti! È capitato molte volte che, trovandomi in difficoltà, magari per trovare un luogo da visitare, qualche persona di mezza età si avvicinasse e mi desse aiuto. In altri casi i ragazzi cercano timidamente di esercitarsi con il loro inglese. I giapponesi sono anche estremamente educati e ordinati. Per esempio nelle carrozze ferroviarie o della metropolitana, seppure affollatissime, si sente solo il rumore del treno che corre: le conversazioni tra amici sono a volume molto basso e non si parla al telefonino, anche se tutti ne possiedono uno e durante i viaggi giocano, ascoltano musica o inviano e-mail.
5. Quali sono le principali differenze culturali che hai riscontrato?
Inutile dire che qui sembra di essere su un altro pianeta, anche se con i pregi e i difetti del caso. Per quanto riguarda il cibo, ho dovuto cambiare le mie abitudini alimentari e ho anche osservato una perdita di peso, dovuta probabilmente alla scarsa quantità di grassi che introduco nell’organismo, ma posso dire che non ho incontrato particolari difficoltà: ce n’è per tutti i gusti.
Si trova la carne ma soprattutto il pesce; il formaggio, essendo per lo più di importazione francese o italiana, manca; esiste il tofu, ottenuto dal latte di soia, ma è quasi privo di gusto; mancano tutti i nostri condimenti (in particolare l’olio di oliva) e il pane è spesso sostituito dal riso.
Inoltre il ritmo di vita è davvero frenetico, specie qui a Tokyo. Nelle ore di punta treni e metropolitane sono sovraffollati, si sta compressi come sardine in scatola, ma fortunatamente tutti rispettano le file in maniera molto ordinata. Rarissimamente mi è parso di scorgere “brutte facce” o di sentirmi osservato e, anche se non ho ancora ben chiaro quali siano le zone di Tokyo da evitare, nei pressi delle stazioni c’e’ sempre movimento fino all’una di notte, ma anche più tardi.
I servizi pubblici sono efficienti e puliti, ed è impossibile non pagare: generalmente si utilizza una tessera ricaricabile che va avvicinata all’apposito sensore del cancello.
Non ho riscontrato la mentalità italiana del “compro casa per sempre”, anzi: esiste un florido mercato e si trovano ovunque agenzie immobiliari. Gli appartamenti sono molto piccoli, spesso per una persona sola. Le case vecchie vengono prontamente abbattute e ricostruite, tanto che a volte rimango sorpreso dalla velocità con cui sono eseguiti i lavori (merito della prefabbricazione). Tuttavia credo che fuori città esista il concetto di “casa di proprietà”. Viaggiando col treno ho potuto osservare scorci di campagna e paesini rurali molto simili a quelli che si incontrano nella pianura padana.
Infine le donne hanno spesso e volentieri figli in giovane età, molto prima dei trent’anni.
6. Vista la grave crisi economica in cui versa il mondo intero, credi che il Giappone offra più opportunità ai giovani rispetto all'Italia?
Vedo che bar, ristoranti e negozi sono tutti gestiti da ragazzi giovani, tra i 20 e i 25 anni. Sono per lo più lavoratori part-time, orario in generale molto diffuso tra gli studenti e non (c’è anche chi ha più lavori part-time!). Una grande città come Tokyo offre sicuramente molte opportunità; tutti i giorni mi capita di veder chiudere negozi o ristoranti, e subito dopo ce ne sono di nuovi pronti ad aprire: questa dinamicità mi fa intuire che le possibilità esistono.
7. Credi che in Giappone si viva meglio che in Italia? Se si/no, perché?
Un po’ difficile da dire. Io sono cresciuto vicino a Venezia che, pur essendo considerata una grande città, offre poco in confronto a Roma o Milano. Qui è tutto molto diverso rispetto alle grandi città italiane: molti supermercati sono aperti 24 ore al giorno; le strade son disseminate di distributori automatici di bevande calde e fredde (a seconda della stagione); non ci si annoia davvero mai, c’e’ sempre qualcosa da fare, da visitare o qualche evento a cui prendere parte. Per quanto riguarda il costo della vita ritengo che i prezzi siano ragionevoli; dipende tutto dal quartiere in cui ci si trova ma anche in zone non troppo periferiche li si può paragonare a quelli di una qualsiasi grande città.

8. Per quanto tempo prevedi di restare in Giappone?
Teoricamente un altro anno, fino al completamento del corso di studi, ma desidero prolungare la mia permanenza di altri tre anni. Eventualmente cercherò un lavoro, c’e’ molta richiesta di ingegneri.
9. Lasceresti mai l'Italia in modo definitivo per ricominciare da capo in Giappone (ammesso che tu non l'abbia già fatto)?
La mia condizione in Italia non era poi così male: avevo un lavoro fisso e potevo ambire a guadagnare qualcosa in più, ma non mi andava di piantare radici e investire i miei risparmi in prodotti finanziari o in un mutuo per compare una casa o una macchina. Avevo bisogno di una nuova sfida, così mi sono trasferito. Ora come ora penso che resterò in Giappone e, anche se non escludo un ritorno, temo che sarebbe difficile tornare alle vecchie abitudini sapendo cosa mi perdo a Tokyo. Inoltre credo che al momento sia difficile spendere in Italia le conoscenze che ho acquisito qui.
10. Cosa ti sta lasciando nel cuore la tua esperienza in Giappone?
La cosa che più apprezzo è la possibilità di confrontarmi con persone di culture diverse. Frequentando un istituto universitario mi capita di conoscere persone dalle più disparate parti del mondo, ma perlopiù asiatici (Cina, Thailandia, Corea, Indonesia, Mongolia). Parlando con loro ho la possibilità di guardare la realtà con un altro punto di vista, influenzato dai loro diversi stili di vita, costumi e religioni. Forse questo è addirittura più utile degli studi che faccio.
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