Ciclisti: i morti sulle strade non diminuiscono
Ciclisti: i morti sulle strade non diminuiscono
Ogni 35 ore muore un ciclista, sulle strade italiane, ciò significa che non c'è un buon rispetto del Codice della Strada, visto e considerato che la metà almeno degli incidenti che intercorrono sono a danno di soggetti deboli. I ciclisti in Italia muoiono stupidamente, esattamente come non dovrebbe accadere: la stupidità dell'incidente risiede – insieme al numero tutto sommato risicato di ciclisti in Italia – nella presenza abbastanza diffusa delle segnaletiche e dei percorsi per biciclette.
Ma allora, che cosa non funziona? I professionisti, che si allenano tanto su pista quanto su strada, confermano che la causa degli incidenti risiede – in generale – nel mancato rispetto del Codice della Strada da parte degli autoveicoli, cosa peraltro vera, quantomeno, nei casi in cui il ciclista sia “investito”.

Ma come mai, allora, sui social, imperversano le foto che parlano dei ciclisti come di branchi di capre senza regole? Sovente accade, ma sempre meno spesso, di incorrere in gruppetti di ciclisti in allenamento che, effettivamente, non procedono in “fila indiana” mettendo a repentaglio la loro stessa vita e la sicurezza del percorrere la carreggiata. Uno dei peccati mortali dei ciclisti: il gruppo.
Ma non solo: divise che non sono catarifrangenti, biciclette alleggerite e non attrezzate per la visibilità nei momenti di nebbia o di buio, faretti poco visibili o comunque caschi che non si fanno notare in mezzo al traffico, sono alcuni dei problemi che molti ciclisti sottovalutano, perdendo poi la vita.

Ma oltre a questo anche chi usa la bicicletta per hobby, non per sport: in quel caso si aggiungono prestazioni poco buone, freni che non funzionano bene, gomme consumate, divise che non ci sono , caschi e paraschiena che non esistono e così via.

Insomma, andare in bici richiede attenzione, molta di più di quella prestata oggi, dato che il risultato è una vera e propria strage di persone che usano le due ruote a pedale (MC).
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