"Il vero fascino, stimolante e piccante, della moda sta nel contrasto fra la sua diffusione ampia e onnicomprensiva e la sua rapida, fondamentale caducità, nel diritto all'infedeltà nei suoi confronti. Sta nello spazio ristretto in cui chiude una determinata cerchia sociale, dimostrando come la propria causa e il proprio effetto siano l'appartenenza comune a essa. Sta infine sia nella possibilità, all'interno di questi limiti, di crearsi una sfumatura personale con l'intensificazione o con il rifiuto della moda" (George Simmel).
Con queste parole George Simmel concludeva nel 1895 il suo celebre saggio dedicato alla moda, uno degli studi più dendi ed esaurienti, nell'ambito delle scienze umane, dedicato al rapporto, nella modernità, tra l'essere al mondo del soggetto umano e il suo essere alla moda.
A distanza di oltre un secolo dal saggio di Simmel, l'importanza di verificare lo statuto di questa relazione tra "essere alla moda" ed "essere al mondo", risiede nel fatto che il sistema della moda, soprattutto negli ultimi cinquant'anni, ha realizzato gli esiti di ciò che il pensatore tedesco rilevava soprattutto come movimento e tendenza. Dal momento in cui la moda è pienamente divenuta un mezzo di comunicazione di massa, sono mutate infatti, rispetto al contesto cui si riferiva Simmel, le forme attraverso cui essa manifesta e realizza il suo carattere mondano. Se da un lato la moda è ormai giunta al limite estremo della sua autosolenizzazione, essa si presenta d'altro canto, nelle sue forme meno istituzionalizzate, come universo immaginario di possibili scelte, individuali e sociali, che sono state denominate stili, sottoculture, look, contromode.
La moda nella modernità è una delle forme più sofisticate entro cui il valore sociale, e specificamente il valore di scambio degli oggetti, appare come valore "naturale" degli oggetti stessi. Un abito, per esempio, ha valore nella sua forma naturale di abito, ma questa "forma naturale" è stata raggiunta sulla base di un processo di valorizzazione, lo scambio uguale, che ha creato l'abito insieme al suo carattere di merce. Insomma, parlare di moda e di mondanità oggi significa non concedere una briciola agli imperavtivi di quella che un tempo era chiamata "la società dello spettacolo", alla mondanità patinata di cui senz'altro è anche costituita la moda intesa come istituzione. Significa invece essere dalla parte di ciò che di derisorio, di ironico, di carnevalesco, i segni della moda e dell'abbigliamento contengono, dalla parte di quelle contaminazioni, di quei dialoghi tra corpi, e tra corpo e rivestimento, che tutti noi sperimentiamo.
Che sia ala moda o no, è importante che un capo lo si sappia portare con stile e disinvoltura, è proprio quella la classe