I capperi
I capperi
Sulle vecchie mura di cinta dei castelli, sulle antiche rocce, sulle scogliere e tra le spaccature rocciose, non è raro veder spuntare dei cespugli spinosi dai caratteristici fiori bianchi e dalle radici forti e legnose. Quei bottoni fiorali che comunemente chiamiamo”capper2 (Capparis Spinosa) li gustiamo a tavole e sul vitello tonnato, nelle salse, in insalate di cavoli e con la pasta d’acciughe. In primavera inoltrata, da aprile fino a luglio, nelle giornate asciutte, preferibilmente di primo mattino, si raccolgono i fiorellini non ancora sbocciati, si lasciano asciugare all’ombra per 24 ore e si conservano sott’aceto in vasi di ceramica (più l’aceto è forte, più è lunga la conservazione). Particolare attenzione bisogna porre a quelli del commercio, spesso sofisticati con boccioli di ginestra o cappuccina o semi di crescione, oppure tinti per ridare il colore naturale ad un prodotto di qualità inferiore. I Greci ed i Latini apprezzavano moltissimo i capperi, ne parlarono Plinio e Dioscoride descrivendone i modi di preparazione e distinguendone le qualità migliori, quest’ultimo ne trattò anche il lato medicinale asserendo che sono pericolosi per lo stomaco ed il ventre, ma, nello stesso tempo, consigliandoli per la sciatica, per guarire le fratture, per la paralisi e per le mestruazioni scarse. Più avanti nel 1500, il cappero era considerato ottimo per aumentare l’appetito dei convalescenti e per depurare l’organismo. Nel 1700, oltre a queste qualità, si vantava la sua azione benefica sulla milza, si univa a questo scopo, alla cosidetta “acqua del fabbro” acqua cioè nella quale il fabbro raffreddava dei ferri roventi e considerata dai medici di allora un rimedio sovrano per l’indurimento della milza. Popolarmente, fino a non molto tempo fa, con i capperi si preparava uno sciroppo contro lo scorbuto e l’aceto dove i boccioli erano stati conservati veniva applicato sulle ghiandole per risolverle. Anche la corteccia della radice, che è la droga normalmente usata in terapia, era già impiegata nei tempi antichi per i mali della milza e del fegato e, secondo Galeno, serviva per “purgare il cervello”, per le ulcere, per i dolori di denti e per saldare le fratture. Viene anche considerata un rimedio principe per sciogliere i blocchi intestinali. Oggi il Cappero, dal lato terapeutico, è caduto piuttosto in disuso, sia per la difficoltà di raccolta e conservazione, sia per la mancanza di studi recenti e approfonditi sulle sue qualità. Esiste una varietà di cappero il “C. Rupestris S et S “ caratteristico delle zone mediterranee. È sprovvisto di spine ed le stesse proprietà di quello sopra trattato. Il nome cappero deriva dal latino 2Capite” per una certa rassomiglianza dei bottoni floreali con delle piccole teste ( interpretazione del Lemery). Ecco, ora dobbiamo solo scegliere se farne uso o meno, io credo che mi ricorderò di più, di tenerne un vasetto sotto sale o aceto, per aumentare i sapori degli alimenti, per il resto, chissà……
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