Sindrome di Stendhal per Anna Manna
Sindrome di Stendhal per Anna Manna
SINDROME DI STENDHAL PER ANNA MANNA

Le donne presenti nei racconti dell’ultima raccolta di Anna Manna, dedicata ad alcune città italiane - “Una città, un racconto”, Edizioni Nemapress, 2012 - hanno subito un danno, come direbbe Josephine Hart (libro divenuto nel 1992 film diretto da Louis Malle con Juliette Binoche e Jeremy Irons).
Hanno cioè una ferita nell’animo, nascosta nelle profondità della propria interiorità, che freme, sanguina e non riesce a conciliarsi con il mondo esterno. E infatti c’è sempre un personaggio che funge da mediatore tra l’interno e l’esterno.
Nel bel racconto dedicato alla città di Urbino – “La Muta” -, la protagonista, Eleonora, “bella, perfetta. Sembra uscita da un atelier parigino d’alta moda” ha preso in prestito un tratto autobiografico dell’autrice, infatti è ritratta durante un convegno di studio, ma lei sfugge agli appuntamenti gastronomici e si abban-dona alla visita solitaria della città d’arte. Eleonora ha un segreto doloroso che la fa esplodere in lacrime davanti al quadro “La Muta” di Raffaello, complice un poeta che l’aiuta a liberarsi da quel pesante fardello” (dalla prefazione di Neria De Giovanni).
Ci vuole uno choc per Eleonora che le consenta di far riemergere in superficie il suo dolore e questa scossa è ritrovarsi dinanzi ai propri silenzi che in realtà urlano e alla propria femminilità che la guarda dritto negli occhi: La Muta di Raffaello. “Si sente attratta soltanto dal quadro di Raffaello Lo cerca, si spinge con una fretta ansiosa verso lo spazio dedicato al quadro…la fanciulla sembra una presenza vera…la muta vi-ve…Perché non le interessa toccare il quadro ma farsi toccare dal quadro…aspetta di essere trafitta da quello sguardo indagatore….” (Anna Manna, op. cit. p. 80). Eleonora si sente male: “ Ad un certo punto il suo battito cardiaco, le sue pulsazioni, il suo respiro, tutta se stessa sono modulati secondo lo sguardo della fanciulla. Sembra fermarsi la vita dentro le sue vene. Per un secondo le sembra di sfiorare l’eternità di quello sguardo. Si compenetrano. Si abbandona a quel silenzio che le comanda di tacere per l’eternità”: è la sindrome di Stendhal, detta anche sindrome di Firenze (città in cui si è spesso manifestata). E’ il nome di una affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza, specialmente se esse sono compresse in spazi limitati. La malattia, piuttosto rara, colpisce principalmente persone molto sensibili e fa parte dei cosiddetti “malanni del viaggiatore”. Il nome della sindrome si deve allo scrittore francese Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle (1783 – 1842). Egli, essendone stato personalmente colpito durante il proprio Grand Tour effettuato nel 1817, ne diede una prima descrizione che riportò nel libro Roma, Napoli e Firenze: « Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere. »
Fausta Genziana Le Piane










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