“La disobbedienza è un atto di libertà”
GIRANDOLA DI COLORI PER ADRIANA ASSINI
E‘ intrigante il titolo dell’ultimo romanzo di Adriana Assini, La riva verde, Scrittura & Scritture, 2014. Di quale riva si tratta? Della riva di un fiume? Di un lago? Di un mare? Oppure, metaforicamente parlando, del cuore? Di un luogo dell’anima? Inoltre appare il colore verde (presente anche nella copertina): mediatore tra il caldo ed il freddo, l’alto e il basso, è un colore rassicurante, rinfrescante, umano. Sarà così? Insomma, già rigirando il libro tra le mani si avverte una certa suspense che sarà confermata dalla lettura.
Siamo nel 1379, sullo sfondo dello scisma d’Occidente, in piena guerra dei Cent’anni, a Bruges, fedele alla sua vocazione tessile: il mondo dei tintori apre lo scenario della girandola dei colori: blu, rosso, vermiglio, carminio, giallo, arancio, indaco, ecc. Ogni colore è fonte di contrapposizione tra i vari tintori, di rivalità, liti e vendette fra le diverse famiglie.
Il romanzo si apre all’insegna delle donne, otto, ribelli, un po’ femministe, le evangeliste, detentrici del sapere, in grado di pronunciare oracoli, in perfetta sintonia con i movimenti del Cosmo. Sono le dame della Compagnia della Conocchia che si riuniscono ogni notte in gran segreto: la vedova Emmeline de Dos, Rose Van Triele, Rose Van Triele, che ama Robin Campen ma sarà presto sposa a un operaio al soldo di suo padre, Marguerite Morele, chiamata Margot, Alix de Meure, la filatrice di Saint- Gilles, Ysengrine dei Tigli. Alle quali si aggiunge Sebile Vermunt dai capelli color rame, Anne Van Gest, la consorella del monastero laico della Vigna, accusata di malefici e fatture.
Su tutte domina la figura di Greta du Glay che ”Vendeva zolfo e saponi, acqua di rame e spezie rare, ma nel retro del fondaco conservava ricette e beveroni per curare i malati. Severa sacerdotessa di culti nascosti, con la luna piena cedeva alla violenza dei deliri profetici, elargendo visioni e consigli a una piccola parte di accoliti” (p. 7). Greta frequenta le misteriose regioni dell’Altrove, attratta da un rapido fuoco di immagini, ora rivelatrici di un segreto del passato, ora di un avvenimento futuro (p. 122). Sì, perché Greta è una mercantessa fattucchiera (ma si parla anche di fate nel libro), capace di vedere nell’oscurità, come le civette e allora capiamo che il romanzo si colloca sotto il segno della magia e dell’occulto.
La fattucchiera, secondo Jung, è una proiezione dell’anima maschile, cioè dell’aspetto femminile primitivo che sussiste nell’inconscio dell’uomo. Ma soprattutto la fattucchiera partecipa segretamente della natura. Finché queste forze oscure dell’inconscio non sono assunte nella chiarezza della coscienza, dei sentimenti, dell’azione, la fattucchiera continua a vivere in noi. Incarna i desideri, i timori e le altre tendenze della nostra psiche incompatibili con l’io: personifica l’anima. La fattucchiera è l’antitesi dell’immagine idealizzata della donna e non è che un simbolo delle energie istintive non disciplinate, non addomesticate. Non per niente Greta spinge Rose alla disobbedienza. I tintori non corrompono la materia, forse? Non infrangono l’ordine naturale delle cose?
Lo zolfo e la a civetta sono due simboli importanti. Lo zolfo, principio attivo che porta luce e colore, rappresenta l’attività dello spirito. La civetta è l’uccello di Atena. Animale notturno, è saggia, vive nella foresta - luogo venerato - in relazione con la luna, non può sopportare la luce del sole e si oppone in ciò all’aquila, che la riceve con gli occhi aperti: “A te, che voli in alto come le aquile, può sembrare una specie di prigione” (p. 42), dice Anne a Sebine. E ancora, la civetta ha il dono della chiaroveggenza: Adusa a simbologie perdute, inseguiva coi soli occhi della mente le verità nascoste in quella selva di allusioni (…) (p. 122). La civetta ha il ruolo di protettrice: siamo nel cuore stesso del femminile con tutte le sue caratteristiche e capacità fuori dal comune. Abbiamo già detto che il libro si pone sotto i segni del segreto, del nascosto, del notturno (termini più volte ripetuti): dunque la civetta rafforza il significato della fattucchiera alla quale in genere si accompagna. Anche il cantore cieco vive in un’eterna notte senz’alba né stelle.
Ma il mistero è centuplicato da altre figure insolite: oltre a quella della fattucchiera, c’è Margot, bene istruita nell’arte dell’astrologia; c’è Nasir, il moro, abile nella composizione degli oroscopi e dei calendari, capace di indovinare le pene degli altri, fa pronostici e interroga gli astri; c’è Louvin, l’indovino, il cantastorie, che sa guardare negli animi e nei sogni, il cui elemento è il buio.
I colori sono così importanti, il loro significato metaforico così pregnante che si parla di trattato sull’arte dei colori: che sia uno studio per decifrare il mondo?
Il blu della borragine - cielo dentro un tino - è il colore legato al culto mariano, al firmamento e ai fiori del Paradiso; il giallo della senape, dello zafferano – abbagliante - è il colore riservato ai folli e ai giudei, pertanto, bandito dal guardaroba della gente perbene; il rosso – dominante - è il colore dell’Antico Testamento. Il corpo di Adamo fu impastato con argilla rossa: “Impetuoso e invadente, il colore delle rose e delle fiamme ammiccava già dalle ciotole delle polveri, fremeva nei caldai bollente, risplendeva sulle stoffe appena tinte, evocando il fuoco e anche la carne, il vino e il sangue (…)…esplosione di sentimenti opposti e poderosi” (p. 66). Rosso è il colore delle fiamme che bruciano Gand e Bruges…Il porpora è il colore con cui hanno brillato per secoli i mantelli di imperatori e papi (p. 9). Non è un caso che Robin, di cui Rose è innamorata, lavori la robbia, cioè il rosso. Non è forse il colore della passione? L’amore di Robin è stato per lei simile al fuoco, che illumina ciò che avvicina e poi lo brucia, riducendolo in cenere (p. 151). Non è scarlatta – rosso profondo che ricordava il sangue e le fiamme, i campi di papaveri e i cieli infocati al tramonto (p. 57) - la seta che sarebbe servita per confezionare l’abito da sposa di Rose? Attenzione al blu che sposa il giallo, per la Chiesa è un’autentica vergogna (p. 129). Ma il giallo entra con il rosso in un gioco simbolico di alternanze: la rosa fiorisce fra foglie verdi. Il verde è il colore inseguito: è difficile fare un verde vigoroso, brillante, inalterabile nel tempo, che non sbiadisca, che non scolori. Ma perché questa tinta è così importante? E’ il colore della primavera, del rinnovamento, della rinascita, della speranza sì, ma “trovare il verde giusto” significa rimettere in riga la propria vita, risvegliarsi. I colori ricreano il mondo con i suoi contrasti, rispettano le leggi del cosmo, compiono il ciclo della vita. Saper usare bene un colore significa aderire alla realtà, conoscere l’ordine delle cose, fare bene il proprio lavoro. Come mai Nasir veste panni di tanti colori e Joliet sceglie tutte le tinte per abbigliarsi? “Indossano” la vita che sanno dominare, destreggiare, con equilibrio, scaltrezza e opportunismo.
La riva verde è il luogo d’incontro di Robin e Rose legati da un amore contrastato. Verde, ottenuto con scaglie di rame macerate nell’aceto, verde colore ma anche sponda lungo la quale si snoda la vita dei protagonisti. Quella riva è l’oggetto dei sogni dei personaggi principali, è il limite da superare per conquistare la libertà verso quel meraviglioso regno muliebre, ignorato dalle carte geografiche (p. 121). Verso una forma di matriarcato? Anche se un mondo di donne sole, un po’ rattrista…
Forse i veri protagonisti di questo romanzo sono la leggerezza delle metafore, l’assennatezza, quel buon senso dei proverbi frutto dell’esperienza che aiuta la gente comune, quelli che sgobbano, che lavorano sodo dal primo all’ultimo giorno dell’anno, ad andare avanti, a difendersi da soprusi, dalle ingiustizie e a sognare di evadere. Il libro è, infatti, pieno zeppo di citazioni: l’unico modo per liberarsi di un peccato è commetterlo; la verità è che gli uomini non trovano la pace perché nel loro cuore coltivano la guerra; per le donne sole non esistono posti sicuri sulla terra; l’amore profondo è quello che resta nascosto; le rose in giardino, le rape nell’orto; ecc. ecc. Saggezza popolare che si ritrova nel cibo, semplice, frugale (brodo di bue grasso, zafferano, salse piccanti, frittelle fatte con farina e burro, buon vino di mele, noci, cialde e pane nero, ecc. ecc.). Cibo che calma: “Per rabbonirlo, Robin ordinò una caraffa d’acqua condita con fine liquirizia” (p. 17), che accomuna nel momento della festa: “Per festeggiare, brindarono con vino dolce e nero” (…) (p. 64) ecc. ecc.
In questo romanzo Adriana Assini consacra la supremazia del femminile più autentico, quello che sa guardare oltre i pregiudizi. Celebra la solidarietà delle donne, il loro coraggio, la loro caparbietà, la loro audacia, la loro curiosità: le donne sono ansiose di sfuggire all’isolamento e all’ignoranza. Un bellissimo sprone ed esempio per quelle di oggi affinché non accada più come dice l’Alchimista Lucien e cioè che le donne non dispongono del loro destino (p. 163)!
Consiglio, infine, di utilizzare questo romanzo nelle scuole come testo di lettura o di appoggio per l’approfondita cornice storica e la ricostruzione fedele e dettagliata di usi e costumi.
Fausta Genziana Le Piane