Quando la critica si fa libro
Quando la critica si fa libro
Silvia è giovane, effervescente. E come lei il suo libro, "Via Ripetta 218", (Giulio Perrone editore). Un romanzo diverso dalle classiche storie adolescenziali, divertente ma anche pungente. È la storia di una scuola superiore, un liceo artistico per la precisione, che l’autrice, Silvia Pingitore, racconta con un tono amaro e sarcastico.
In questo mondo in cui alunni e insegnanti vivono e convivono con paure, aspettative ed esperienze si sente forte e presente la critica alla società, alla realtà scolastica che spesso non sembra affatto così formativa come dovrebbe essere.
Un romanzo irriverente e sottilmente ironico, ma anche malinconico e profondo scritto con uno stile accattivante. Un esordio che sicuramente lascia il segno, e non solo in chi l’ha scritto. Un libro ragionato e pensato, credo concepito in ben più di una notte insonne. Ma questo chiediamolo all’autrice, Silvia Pingitore.

Come nasce l'idea di "Via Ripetta 218", (Giulio Perrone editore)?
L'idea è nata sui banchi di scuola, il romanzo vero e proprio durante centinaia di notti insonni. Ho iniziato a scrivere appunti, pensieri e assurdità su vari foglietti durante l'ultimo anno di liceo, ma la stesura del testo è cominciata solo dopo il diploma, nel primo settembre da persona libera, come lo chiamo io!

Il tuo stile è molto particolare, difficilmente imitabile. Come sei riuscita a svilupparlo?
Cerco di mantenere un'attenzione particolare per la sonorità del testo, giocando con i suoni e i doppi sensi delle parole. Esistono vocaboli che fanno ridere se accostati ad altri, ma possono risultare taglienti in altri contesti. In questo senso, non solo la lettura mi ha aiutato. Dalle vecchie canzoni italiane e dalle imitazioni di comici come Maurizio Crozza e Antonio Albanese si può imparare molto.

Cosa ha significato per te scrivere questo libro?
Si scrive per gli altri, non per se stessi. La vera soddisfazione è venire a sapere che si è dato qualcosa agli altri. Se anche solo una persona, (che non sia un parente!) viene a dirti che il tuo libro l'ha divertita, stupita o commossa, finalmente capisci che ne è valsa la pena. Se anche solo una tua frase ha aggiunto qualcosa alla vita di un altro, allora sì che puoi ritenerti felice.

Perché hai scelto di raccontare la scuola e l'adolescenza di oggi?
Non sono partita con l'idea di rivelare chissà quali verità su scuola e adolescenza. Forse questo è il risultato, ma il fulcro del romanzo resta la critica: verso l'Italia di questi anni, la politica, i giornalisti, il concetto di arte contemporanea.

Cosa deve avere un buon libro per essere tale?
Non deve lasciar trapelare la fatica di scrivere.

Quanto e cosa hai messo di te in questo romanzo?
Non troppo, se parliamo di pura autobiografia. Tutto, se si considerano gli sguardi delle persone che ho incontrato. Ho cercato di lasciarli il più possibile intatti perché chiunque potesse riconoscersi.
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