Figli: gestire “il piccolo Tarzan” con successo
Figli: gestire “il piccolo Tarzan” con successo
Si parla di puericultura per intendere l’insieme di nozioni e di insegnamenti che fanno parte della pedagogia infantile: libri, manuali, consigli degli esperti, seminari, perfino corsi, perché l’emergenza, lo han detto in tutte le lingue, riguarda l’educazione dei bambini e la gestione delle problematiche della prima infanzia, riguarda i genitori, riguarda gli adulti. Ma è facile parlare o leggere un libro .. e la realtà? I bimbi nascono senza il libretto delle istruzioni e sono tutti diversi.
“Santa pazienza” dicevano i nonni, quando non c’era speranza per affrontare le piccole pesti e la risposta è proprio lì. Pazienza, pazienza e ancora pazienza.
Sui giornali e alla televisione si parla di diseducazione sociale, maleducazione, problemi di convivenza e il dito si punta sempre verso i genitori, la scuola e in generale i contesti educativi in cui sono inseriti i nostri figli, ma l’unica cosa certa è che ogni lattante diventerà un bambino e ogni bambino sarà un giorno adulto e dovrà portare sulle sue spalle il peso delle proprie scelte. Allora cerchiamo di trovare insieme qualche idea per capire come cominciare con il piede giusto l’impegno educativo dei piccoli.
L’educazione dei bambini inizia nella famiglia: verso i 24 mesi il bambino è in grado di capire che cosa va bene e che cosa invece non va bene nel suo comportamento, quindi è possibile prevenire il grave problema della influenzabilità del piccolo con il primo ufficiale ingresso nella società dei bimbi potremmo dire, che inizia con l’asilo.
Su che cosa puntare per non confondere il piccolino:
- i pedagogisti consigliano di seguire delle istruzioni semplici e flessibili e quanto più possibile coerenti, cioè insegnamenti che non si contraddicono né tra di loro (puoi fare questo ma non lo puoi fare) né che si contraddicano con quello che facciamo noi adulti (non mangiare cioccolato e poi siamo noi i primi a strafogare);
- sempre gli educatori insegnano che le coccole sono importanti, servono in tante situazioni, per consolare, per convincere e per premiare, meglio le coccole che un incentivo concreto, servono per aiutare a distinguere il valore dei sentimenti dal valore delle cose materiali e servono per creare legami e relazioni prioritarie;
- il dialogo, anche con i piccolini, serve sempre: bisogna spiegare i motivi per cui è giusto fare delle cose e non farne delle altre, è giusto parlare di che cosa sente il bambino e descrivere che cosa si fa e specialmente perché.
Ambiti fondamentali: - il bambino ha bisogno di avere indicazioni chiare in fatto di igiene personale e di pulizia delle sue cose e del suo “territorio”. Cercherà di seguire l’esempio degli adulti, ma se stanco o svogliato potrebbe non avere interesse per se stesso, va aiutato a avere soddisfazione della propria igiene, lavarsi le manine, tenersi pulito e ordinato, curare le proprie cose, sporcarsi con soddisfazione nel gioco ma altrettanto ritornare a posto quando non si gioca più;
- il bambino ha bisogno di saperecome ci si comporta a tavola e in mezzo alla gente, per cominciare a farsi conoscere nella società inizierà imitando i genitori, i fratellini più grandi e i suoi conoscenti, per cui va insegnata la buona educazione, senza alzare troppo la voce, ma puntando sulla efficacia del suo comportamento;
- i piccoli hanno spesso un sano egoismo, che diventa prepotenza quando viene troppo assecondato, per cui hanno bisogno di essere aiutati a capire che cosa possono e che cosa non possono fare, che cosa è loro e che cosa invece non è loro, quando possono chiedere e quando devono restituire: prestiti, turni, chiedere il permesso, sono insegnamenti indispensabili per evitare che il bambino si scontri con il no, senza capire il motivo della negazione;
- infine il momento più difficile è quello della limitazione, cioè spiegare al bambino quando ha sbagliato, perché e come mai non ha ragione. E’ infatti qui che si scatenano le peggiori collere dei piccoli, che a volte possono anche essere difficili da gestire e comportano rancori e bisogno di scaricamenti. La risoluzione dei conflitti porta ai bambini un senso di fiducia, il senso di fiducia permette loro di superare gli ostacoli.
Il buon esempio: “Devi dare il buon esempio” si diceva una volta ai genitori. Non era affatto sbagliato. Il bambino guarda con grande attenzione quello che succede intorno a lui, dimostrare con i fatti al bambino che una azione porta al successo, significa motivarlo a imparare come si fa. E poco importa se questa azione non è coerente con quanto gli stiamo insegnando. Tra il dire e il fare il bambino imiterà sempre il fare, a maggior ragione se l’azione pare essere gradita: piace a chi sta intorno, fa ridere, rilassa, porta dei vantaggi.
“Comportati bene” dicevano i genitori ai loro figli prima che affrontassero qualcosa di importante. Ma che cosa è ancora il “bene” ai nostri giorni? Mettere insieme quello che si vuole dal bambino con quello che il bambino trova nei coetanei non è semplice. Il bambino non può essere messo in una “boccia di cristallo” come si usa dire, deve comunque prima o poi entrare in contatto con la società, per cui nei tempi moderni, date le complicanze dei modelli sociali che ci sono, è davvero fondamentale il ruolo della famiglia e dei genitori nella prima educazione.
Per semplificare al massimo: “imprinting” cioè impostare nella ricezione degli esempi educativi è il compito dei genitori. Se si fallisce in questo il bambino sarà influenzabile, fragile e soggetto a mille deviazioni e fallimenti. Certo il bambino insensibile e chiuso su se stesso è altrettanto sterile e soggetto a crisi e a insuccessi, ma la impostazione educativa ha ancora un senso, anche nella società moderna, cerchiamo di aiutare i nostri “piccoli animaletti” a diventare dei buoni adulti
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