Prima di Svevo, Tozzi si è accostato all’indagine psicologica dei personaggi con un romanzo drammatico e con il realismo nuovo del primo Novecento. La vicenda è ambientata nella campagna toscana, dove il giovane Remigio Selmi, un impiegato alla stazione di Campiglia, è costretto a tornare nella casa paterna a causa della malattia del padre. Remigio cambierà radicalmente la sua vita; dovrà occuparsi del podere affidato in eredità. Nel corso della vicenda il giovane e inesperto proprietario si troverà sommerso dai debiti, calunniato da contadini in attesa del salario, osteggiato dall’amante del padre, Giulia, una giovane spregiudicata e assetata di potere. Giulia infatti fa causa alla famiglia Selmi per ottenere l’eredità del podere. Remigio si rivela impotente di fronte al carico dei debiti; cerca di sanare il buco con le cambiali, cerca il supporto e il consiglio del notaio, cerca l’appoggio di una madre che pur osteggiando Giulia, diffida del figlio, incapace di gestire il podere. Remigio si troverà solo, privo di alcun sostegno. I contadini covano la rabbia per l’inadempienza del giovane e per il salario vacante. Berto, l’alter ego di Remigio, esaspera la collera per l’incapacità del nuovo proprietario e coltiva un desiderio di vendetta. Nello sfondo della dura vita dei campi, Tozzi descrive la fatica della vita rurale, la perfidia della vita contadina ma affronta una tematica nuova; il male di vivere dell’individuo incapace e inetto, costretto a coprire un ruolo che non gli spetta, costretto a soffocare l’odio verso il padre con il rifiuto di gestire il podere. L’inettitudine non come inferiorità, ma come rifiuto di volontà e negazione delle proprie radici. Tozzi indaga nei fantasmi dell’inconscio.