Caratteri e figure si fondono e si confondono nel prodigioso dipinto del romanzo di Hugo pubblicato nel 1831, Notre Dame de Paris.
Congerie e confusione di emozioni e di figure che si incrociano e si attraversano.
Danze di immagini e di sembianze si alternano e si mescolano insieme sullo splendido palcoscenico rappresentato dalla meravigliosa Cattedrale.
Ecco il poeta, ecco il trovatore, squattrinato e artista, Gringoire; ecco l’attraente Phoebus.
E più in là possiamo incontrare lo pseudo studente Giovanni Frollo, il bontempone Giovanni Frollo. La Corte dei Miracoli pullula tutta di personaggi dal volto pregno di sfumature.
Incamminandoci nel cuore della Parigi medievale, sicuramente ci soffermeremo lì, vicino il Buco dei Topi: affacciandoci dalla minuscola apertura, unico raccordo col mondo, poseremo il nostro sguardo su quello senza impressione e senza tempo di Suor Gudula, lo sguardo atrofico dell’insaccata. Sono gli occhi di una mamma rapinata nel cuore, di una mamma strappata a forza dalla figlioletta, di una mamma che vive per espiare la sua colpa… quella di avere amato troppo la sua bambina.
Questi i personaggi minori posti a contorno della scena della vicenda madre e dei suoi protagonisti: il crudele, il cattivo è l’arcidiacono Claudio Frollo: tormentato dalla sete della sapienza, uomo diviso a metà tra il sacrificio di rispettare la promessa della sua vita di chierico e la sciagurata scoperta del suo cuore umano, inaspettatamente coinvolto ad amare una bellezza tutta terrena e tutta proibita.
E la bellezza ha il nome di Esmeralda, diafana fanciulla dalla grazia eterea e mai imbrattata dal mondo: Esmeralda crede nell’amore e con l’amore nel cuore danza e volteggia, accarezzando e ammaestrando la sua compagna di giochi, la capretta Djalì. E sarà l’amore a far perdere Esmeralda; l’amore la ucciderà.
E insieme a lei ucciderà anche l’anima bella ingabbiata in un corpo deforme e orribile a guardarsi. E’ lo spirito del campanaro, del gobbo e sordo Quasimodo, il papa dei matti e la personificazione della generosità e della dolcezza costretta a non mostrarsi, per sempre rinchiusa nel mostro “buono”. E’ un mostro che sa cosa significa amare, un mostro che nel silenzio del sentimento così grande deciderà di accompagnare la sua amata, la dolce fanciulla nel cammino verso l’eterno.
…E’ solo Fatalità, è solo Notre Dame de Paris.