Nasce a Nuoro, nel 1871, da una famiglia, per certi versi, estremamente tradizionalista per altri stravagante: il nonno materno si era ritirato sulle montagne a scolpire statuette di creta. Grazia eredita questa vena artistica che, nel suo caso, si realizza con la scrittura, alimentata da una cultura tutta da autodidatta. La sua regione, sebbene ben presente nell’opera letteraria, rappresenterà presto un luogo da cui evadere per giungere a Roma (grazie a al matrimonio con un funzionario ministeriale), nei primi anni del Novecento, dove diventa una delle scrittrici più famose, sia nel nostro paese che all’estero. La produzione deleddiana è copiosia e variegata: riguardo alla narrativa sono degni di nota Elias Portolu, pubblicato, inizialmente, su “Nuova Antologia”, e in volume nel 1903, dove è presente l’influenza di D’Annunzio della Figlia di Iorio, e Canne al vento (1913) conosciuto solitamente come il capolavoro di Deledda e uscito, prima a puntate, sull’Illustrazione italiana e poi, in volume, nello stesso anno. Narra la storia di tre sorelle, appartenenti a un’importante famiglia decaduta, che abitano nel paese sardo di Galte, nei pressi del fiume Cedrino, che con le sue paludi malariche ha infestato quei luoghi. Tutti i personaggi sono, in fondo, in balia del destino, esposti come “canne al vento” ai drammi del peccato e della colpa; l’intreccio si fa complesso snodandosi tra amori difficili, ritorni inaspettati in Sardegna e dilemmi irrisolvibili.
In realtà Deledda aveva cominciato a soli quindici anni a pubblicare novelle, quando ancora abitava nella sua terra natia, e nel 1895 aveva pubblicato La via del male elogiato con entusiasmo, in una recensione, da Luigi Capuana. Ma il successo, di pubblico e di critica (non piacque, però, ad alcuni tra i quali Renato Serra), arriva con la produzione romana. Nella capitale riesce, sebbene di indole schiva e riservata, ad instaurare rapporti intellettuali importanti come quelli con De Amicis, Fogazzaro e D’Annunzio incontrati nella redazione della rivista Nuova Antologia, mentre durante le vacanze in Versilia conosce pittori come Plinio Novellini e Lorenzo Viani. Successivamente, a Cervia sull’Adriatico, entra in contatto con poeti come Marino Moretti e Giuseppe Ungaretti
Nella sua opera, nella quale sono presenti numerosissimi racconti, due drammi teatrali, un libretto d’opera e la sceneggiatura di un film tratto dal romanzo Cenere (1904) si rintracciano motivi folclorici, legati alla sua terra d’origine, che assumono, talvolta, una dimensione mitica e fiabesca, tanto che qualche critico ha avvicinato Deledda a D’Annunzio e a un certo decadentismo di quel tempo. Anche i grandi romanzieri russi sono stati indicati come riferimenti per la scrittrice sarda.
Da non dimenticare in questa produzione ampia e variegata, il romanzo autobiografico Cosima pubblicato postumo nel 1936 (stesso anno della morte) mentre, dieci anni prima, le veniva conferito un alto riconoscimento: il premio Nobel per la letteratura.