Nata a Vigneux-sur-Seine nel 1913, a soli diciannove anni si unisce alla Gioventù comunista dove incontra Georges Dudach che di li a poco sarebbe diventato suo marito. Per sfuggire ai rischi dell'occupazione tedesca la Delbo lascia la Francia.
E' infatti in viaggio per l'America del sud, quando apprende dai giornali la morte di André Woog, suo giovane compagno di lotta. A seguito di ciò decide di ritornare in patria e intraprende un viaggio in nave durato nove giorni. Qui ad accoglierla trova il marito con il quale condividerà una vita in clandestinità. Come lei ricorda, i due vivevano in un monolocale sommerso da articoli, riviste, e altro materiale del loro giornale clandestino al quale la Delbo partecipava con notizie provenienti o da radio Londra o da radio Mosca.
Ma il 23 maggio del 1492 la polizia fa irruzione nell' appartamento arrestando sia Georges che lei. La Delbo viene condotta nel carcere di Romainville mentre Georges verrà fucilato alcuni mesi dopo.
Trascorre li all'incirca sette mesi, prima di essere messa su un convoglio diretto ad Auschwitz. Sui quattro vagoni del treno erano detenute 1200 persone, tra cui 230 donne sparse nelle quattro carrozze.
Qui ha inizio l'orrore che dagli occhi di Charlotte Delbo, ma anche quelli di altre sopravvissuti, non potrà essere mai più cancellato.
Il treno arriva a Birkenau, e poiché non c'erano ebree, le donne non passano alcuna selezione e vengono direttamente inviate al settore femminile del campo di lavoro annesso al lager.
Per giungere ai blocchi alle quali le SS le avevano destinate dovettero attraversare un mare fatto di cadaveri dall'odore nauseabondo e guardando il filo spinato lungo tutto il perimetro del campo, le donne intonano l'inno nazionale francese, la Marseillaise. A lei come alle altre viene applicata la procedura abituale, rasatura completa, tatuaggio e attribuzione del triangolo rosso, segno dei detenuti politici antinazisti.
Molto presto il gruppo delle detenute viene decimato dalla morte e ne restano in vita solo 57. Lo stesso giorno, il 3 Agosto del 1943, però accade un fatto strano, le donne sopravvissute vengono trasferite in quarantena in una baracca: niente più appello né marce forzate, ma anzi, un quarto di litro al giorno di latte e la possibilità di lavarsi. Inseguito a questo la mortalità tra le donne del gruppo diminuisce. Ma alla fine della guerra, dopo ventisette mesi di detenzione nei lager, delle 230 donne deportate sono solo 49 quelle che riuscirono a tornare a casa.
Di questa gigante della “memorialistica”, come definita dello storico Christopher Browning, scomparsa a Parigi nel 1985, ci restano oggi opere come:
Le convoi du 24 Janvier, Aucun de nous ne reviendra e Un treno senza ritorno.