Anna Manna, Questa mattina (24/02/2022): la scommessa dell’amore
“Sono persuaso che tutta la gente
che sorge a profittare della guerra
e aiuta a provocarla
dovrebbe essere fucilata
il giorno stesso che incomincia a farlo
da rappresentanti accreditati
dei leali cittadini che la combatteranno.“
Ernest Hemingway
Addio alle armi
Mi sono divertita a cercare su Google libri che nel titolo contengono numeri: Uno, nessuno e centomila, Ventimila leghe sotto i mari, Fahrenheit 451, Mattatoio N. 5, I tre Moschettieri, Dieci piccoli indiani. E non ne rimase nessuno…, ecc. Titoli che comunque hanno a che fare con il contenuto. È così anche per il recente libro di Anna Manna che indica un numero nel titolo, ma si tratta di un numero di diverso contenu-to: è una ricorrenza. Sì, il libro si intitola Questa mattina (24/02/2022) (Tabula fati, 2023) e si tratta di una mattina ben precisa, quella del 24/02/2022, momento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ma non potrebbe essere anche la mattina in cui noi leggiamo il libro? No, in realtà si tratta di tutte le mattine del mon-do, di tutte quelle mattine portatrici di guerra.
In un grande abbraccio, Anna ci spinge a scrutare il nostro cuore, ad indagare, a soffermarci a pensare cosa realmente proviamo. Sentimenti forti, negativi: incubi, paura, urla angoscia, dolore, sofferenza, buio, ansia, orrore ecc. (tutti questi termini ricorrono parecchie volte nella silloge). Forse ogni punta aguzza del dipinto in coper-tina di Antonio Fiore dal titolo Guerre stellari Ufagrà (2004) è il simbolo di ogni sentimento doloroso innescato dalla guerra.
Anna vive sulla sua pelle tutto questo turbinio di sentimenti: non le rispondono le gambe per alzarsi, il cuore non batte più, gli occhi non sanno più guardare, ma su-bito l’io cede il posto al noi e noi lettori ci sentiamo trasportati con lei nell’inaspettato e terrificante fatto di sangue, la guerra. Il tono violento di protesta è sottolineato dall’uso delle lettere maiuscole come se Anna volesse gridare. Il mondo è stravolto, la guerra ha creato un prima e un dopo, il mondo di ieri non è quello di oggi…e do-mani? Chissà se ci sarà un domani (Questa mattina, p. 9). Il prima poteva essere un felice e antico presepe degli avi del Natale 2022 (un’illusione, forse?) che oggi diven-ta tristezza e crolla in mezzo ai morti della televisione (La montagna impastata da un uomo solo, p. 10). È che il mondo non è più lo stesso, è diverso da quello in abbiamo creduto. Anna s’interroga, incespica nel cammino, non sa, non vede, non capisce. Si dovrà cercare un nuovo equilibrio (L’equilibrista): Scopriremo un’altra ricchezza di vita…
Di tutti i sentimenti quello che di più turba la poetessa è lo stordimento, è la confusione, è il non capire, il non sapere, appunto, è l’ inquietudine: Sulle spalle nude il vento / accarezza con una dolcezza / straniera; serpeggia un alito / di mondi diver-si; Restiamo fermi / in una piacevolezza sgomenta / avvolti nella polvere / che scivola dai palcoscenici / del mondo (Piazza del Duomo a Spoleto, p. 25). Mi vengono in mente le parole di Francesco Guccini (Auschwitz):
:
Io chiedo come può un uomo
Uccidere un suo fratello
Eppure siamo a milioni
In polvere qui nel vento
In polvere qui nel vento
La guerra ottenebra la mente: “Questo si faceva. Si moriva. Non si sapeva di cosa si trattasse. Non si aveva mai il tempo di imparare. Si veniva gettati dentro e si sentivano le regole e la prima volta che vi acchiappavano in fallo vi uccidevano.” (Ernest Hemingway, Addio alle armi).
La guerra ci affanna, ci sperde, ci disorienta, facendoci perdere il senso della vi-ta nell’attesa e speranza di trovarne uno nuovo.
“Non sono molto capace di amare. «Sì» disse. «È capace. Quello che mi rac-conta delle sue notti. Quello non è amore. Quello è soltanto passione e lussuria. Quando si ama si desidera fare qualcosa. Si desidera sacrificarsi. Si desidera servire.”, fa dire Ernest Hemingway ad uno dei personaggi di Addio alle armi: è così, quando si ama si desidera fare qualcosa, si desidera sacrificarsi e si desidera servire. Sono gli Eroi (I versi della speranza), che aderiscono pienamente alla vita, all’impegno. Qui la poetessa con profondo slancio li vorrebbe in vita per abbracciarli tutti con riconoscenza. Sono esempio di vita vissuta fino in fondo
La metafora di fondo è quella del suono (i piccioni restano senza suono alcu-no), della musica (vedo due piani distinti / musiche discordanti) legata a liriche quali Il pianista e La rondine sulla tastiera. Ma di che suono si parla? Di che musica? At-tenti: la tastiera è sì quella del pianoforte, ma anche quella del computer…ambiguità voluta? E allora? Si tratta di trovare la musica comune, la base di una comunità nuova che si cerca, che vuole essere vicina, si tratta di trovare UN’UNICA VOCE: incon-trare le anime… La solitudine è una malattia…gli uni agli altri legati dall’amore…
trovarci tutti
sulle strade che si somigliano
sui percorsi che ci accomunano
su questa tastiera
che veramente è simile per tutti.
(La rondine sulla tastiera, p. 27).
il suono è l’origine del cosmo (la melodia dell’universo, dice Anna), tutto ciò che è percepito come suono è potenza divina (Ave Maria dei naufraghi):
scalare l’etere e le stelle nei cieli di Internet,
(La rondine sulla tastiera, p. 27)
il suono sorprendente
saprà giungere al centro del creato
per scoprirne il mistero!
(Alla fine dell’odio, p. 33).
(La rondine sulla tastiera, p. 27).
D’altronde ricorrere alla musica è uno dei mezzi per associarsi alla pienezza della vita cosmica: musica dell’universo, concerto cosmico, dice la poetessa…
Allora come fare? Arriverà mai la pace? Si potrà raccontarla?
Sì:
La bellezza distende
un velo
di pace
un battito di ciglia
lunghissimo
come un lamento represso
un sogno disperso.
(Venezia, p. 22)
La bellezza crea legami, produce altre forme di vita, è capace di dialogare. E anche la poesia: sa scoprire nuove parole e le regala, la poesia difende il mondo, è bellezza perché ci sono i Poeti Pirati:
folli ebbri febbricitanti,
urgevano le emozioni nei muscoli
li avvinghiavano in un’apparente
statica fermezza
ed invece dentro già volavano nei cieli
sparavano versi dall’alto
sulle meschinità dei giorni
(La vacanza pirata, p. 70).
C’è speranza (parola ricorrente, Anna dice l’arsura cocente della speranza)? Sì tanta, visto che Anna le dedica un’intera sezione intitolata I versi della speranza. Speranza sono le radici, quell’amore ricevuto che poi resta, l’infanzia immacolata come la neve, la dolcezza dei ricordi che scaldano il cuore, la primavera che ritorna imperiosa, il sogno, la bellezza della natura, Regina, che consola. Ecco in questa se-zione la metafora della rondine che abbiamo già incontrato: sui tetti, dice la poetessa le rondini erano già arrivate. Infatti, per quanto ne possa dire il proverbio, la rondine è veramente messaggera della primavera. Non solo, la rondine non si appoggia mai per terra ed è dunque esente da ogni sporcizia. È il simbolo del ritmo delle stagioni, del rinnovamento e della trasformazione.
Il gruppo delle poesie dedicate al tema del naufragio (Le poesie del naufragio) colpisce per la potenza visionaria delle immagini, la forza evocativa e la prorompente empatia. La zattera improvvisata alla meglio, colma di naufraghi, orfani di radici, sfiniti dal viaggio, annientati dal sonno sono il simbolo di un’umanità dolente che cerca solo di sopravvivere, che cerca comunque la vita. Solidali, i naufraghi sono preda non solo dell’ansia, della paura e dell’ angoscia ma sono costretti a superare lo strazio della nostalgia. Troveranno la terra promessa? Risorgeranno? In alto si leva la loro preghiera e intonano un’Ave Maria. L’invocazione, in un culmine di lirismo, ci strazia il cuore e Anna sa trovare parole e accenti vibranti, si fa paladina d’amore, ve-glia, assieme a Maria, questa nuova vita, si fa dispersa tra i dispersi tra le onde, chie-de, con loro, di essere salvata. C’è un altro naufragio: quello dell’Arca, anche lei non ne può più né del carico né della tempesta…ma anche qui affiora la speranza…un filo d’erba infradiciato dall’acqua…un ricordo di anni fa.
Le poesie dell’odio uomo-donna (due) colpiscono per la loro crudezza, per i toni forti. La prima – Chiamami donna – è un invito rivolto all’uomo, affinché scelga la donna e la consideri compagna: insistentemente la poetessa ripete non ascoltare, chiamami, sussurra, urla, cerca, non cercarmi più, tutti inviti agli uomini affinché capiscano e si sforzino di conoscere veramente le loro donne. La seconda – Il graffio del gatto – parla di femminicidio: qui, a portare qualcosa di umano resterà solo il gat-to, il suo graffiare sulla porta.
Fausta Genziana Le Piane