Quando l’anima trasmigra nella pietra
Una’antica stele che ritrae un banchetto funebre nell’antica città di Sam’al nella Turchia sud-orientale, è stata trovata ricca di prove che i popoli della regione credevano in un anima separata dal corpo.
Si tratta di una stele funeraria, appartenente al dignitario di corte Kuttamuwa, vissuto nel VIII secolo a.C. a Sam’al (attuale Zincirli) capitale del piccolo Stato aramaico.
La lastra di basalto, intatta ( 90 centimetri per 60, del peso di 360 chilogrammi) ritrae il defunto nell’aldilà, vestito riccamente e seduto a tavola mentre solleva una coppa e del cibo;un’iscrizione in aramaico invita i discendenti a onorare con feste e banchetti la sua vita terrena e “la mia anima che è in questa stele”.
Secondo il direttore degli scavi, David Scloen, dell’Istituto orientale dell’Università di Chicago, è la prima testimonianza scritta di un popolo semitico convinto, grazie ai forti influssi indoeuropei, che l’anima si separasse del corpo per trasferirsi nella pietra tombale.
Al contrario, le culture semitiche tradizionali ritenevano anima e corpo entità inseparabili:da qui deriva il divieto di cremazione dell’Antico Testamento.