La maledizione di Pompeo
La maledizione di Pompeo
L’immensa figura di Giulio Cesare, la gloria dell’antica Roma, una maledizione eterna. Il secondo romanzo di Stefano Arosio, La maledizione di Pompeo (Il Cittadino, pp. 189, euro 13) è un avvincente che prende le mosse dall’assassinio di Giulio Cesare, imperatore di Roma, brutalmente ucciso a pugnalate dai congiurati. Da lì la rovina dell’urbe caput mundi, che coincise con la scomparsa del paganesimo e l’affermarsi del cristianesimo.
Molti secoli più tardi, nell’anno domini 1627, un nugolo di pagani camuffati da chierici cristiani, trama la vendetta, preludio della rinascita dell’urbe imperitura e delle divinità scomparse.
L’obiettivo sarà quello di ritrovare la statua di Pompeo Magno davanti la quale venne massacrato il grande imperatore e portarla a Mantua, la città intitolata alla dea della morte, e affondarla per sempre. Marsilius è il protagonista, che si avvarrà per il suo intento di un ignaro quanto a lui devoto cristiano, Aries, un guardaspalle che arriverà a sacrificare la sua vita. Nella bella e multiforme vegetazione che dalle valli di Comacchio accompagna l’avventura risalendo il fiume Po si dipana il viaggio.
Un viaggio che lascia il lettore a trattenere il respiro fino a desiderare, pagina di dopo pagina, che la narrazione non finisca mai.


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