Inaugurato il MuSe, nuovo Museo della Scienza di Trento, il 27/28 luglio scorso, nel maggior successo pensabile, tra una folla di 25 mila visitatori e oltre, che anche a partire dal primo lunedì utile per le prenotazioni, conferma il successo di una grande opera, dell'architetto star Renzo Piano, che ha segnato il passo per un quartiere, il quartiere delle Albere di Trento, nome dall'omonimo storico museo, che ha ridisegnato un intero ambiente, meritandosi non solo il riconoscimento formale per la qualità, ma anche quello popolare per la notorietà. Una non stop di 24 ore ad altissima adrenalina e forte messaggio culturale.
Tutti possono ora entrare al MuSe, che per la notte dell'inaugurazione ha aperto le sue grandissime porte di vetro in una struttura al vetrocemento, modernissima e luminosissima, a titolo gratuito; ora l'entrata ha il costo di 9 euro o 7 euro. In ogni caso possiamo dire non tantissimo per la qualità delle esposizioni. Tra la storia della scienza e la storia dell'uomo di certo il MuSe ha in sé qualcosa di unico e di diverso dal solito museo: la interattività.
Esperienze sensoriali ed edicative che nella serata di presentazione sono eslose anche negli spettacoli che si sono tenuti nel piazzale antistante, unici e sicuramente validi e di alto livello: tra le sperimentazioni live il 3d Mapping, una forma nuova di fare videoproiezione in 3 D sulle superfici irregolari; spettacolo laser e musica, concerti e danze, momenti di riflessione e di storia della scienza, dai graffiti al primo task, dal cellulare a twitter e facebook.
Siamo frutto del progresso, siamo dei creatori di novità: ecco che la scienza si riappropria della storia, partendo dai dinosauri per arrivare agli schermi LCD interattivi che riempiono le sale del museo, per dare educazione in modo leggero ma completo. Si parte dalle esperienze per bambini da 0 a 5 anni, sonore, visive e di tatto, e si arriva alla scienza batterica da laboratorio. Questo ed altro è il nuovo Muse di Trento, che anche oggi ha avuto una meritata coda di visitatori, che sono rimasti "fuori" dalla prima ma hanno voluto scalare la montagna museale, dalle fondamenta al terrazzo a cielo aperto.