Era l'agosto del 1972, precisamente il 16 agosto del 1972, e due uomini tutti d'un pezzo uscivano dal mare, dopo avervi dimorato per lunghi e lunghi anni. Il ritrovamento dei bronzi di Riace ha cambiato le sorti della Calabria dal punto di vista turistico e acceso i riflettori sul museo archeologico di Reggio Calabria. La magnificenza dei due guerrieri, uno anziano e uno giovane, hanno portato alla luce tantissime ipotesi, ciò che è certo è che il mare ha custodito dei veri e propri tesori che dimostrano delle tecnologie avanzate nel campo dell'arte già in un'epoca in cui parlare di "tecnologia" era difficile. Si è pensato di rivivere il sogno, sempre sulla costa ionica calabrese, ma non a Riace, bensì tra Bianco e Africo solo qualche anno fa, quando riemerse dal mare una testa bronzea leonina.
L'emozione è sempre tanta e grande: trovare qualcosa dai fondali del mare fa sempre la differenza e non è semplice non cedere al fascino e alla suggestione di oggetti che riportano ad oggi qualcosa di ieri.
Quante cose potrebbero raccontare quei bronzi se le loro labbra fossero carne! Quante storie... Aprire gli occhi (si fa per dire) in un'epoca di calzari e drappi, osservare un mondo che cambia, poi riemergere e essere messi in una stanza dove un altro tipo di mondo viene e passa per guardarti. I bronzi di Riace parlano senza labbra, raccontando la storia dell'eternità dell'uomo, del suo bisogno di regalarsi al tempo senza che questo metta paura, senza la corruzione del corpo. Immagino che coloro che abbiano plasmato i giganti bronzei avessero in mente delle opere che resistessero al tempo. Il mare li ha resi invincibili anche allo spazio. E' la magia della Magna Graecia, è il sogno dell'uomo qualunque.
Il passato non passa, questa è la verità e lì, nel mare cristallino della locride, l'immaginazione ama vagare e credere che ci siano ancora altri tesori nascosti, pronti a regalare ai loro creatori ancora un po' di eternità.
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