Prenditi cura di lei
Prenditi cura di lei

Kyung-Sook Shin, scrittrice coreana, racconta in questo romanzo la storia di una donna che si è persa nell’ora di punta nella metropolitana di Seul. Ma perdersi nella nostra vita, senza aver perso la memoria, non è forse ancora più tragico?

Una signora di circa settant’anni, camicetta celeste, giacca bianca e gonna beige a pieghe, camminava nella stazione della metropolitana seguendo suo marito. Lo aveva seguito per tutta la vita, sempre un passo indietro rispetto a lui, un passo indietro rispetto ai figli, un passo indietro rispetto a se stessa. La coppia era andata a Seul, dalla loro casa di campagna, per festeggiare il compleanno di entrambi con i figli. Di solito era uno di loro ad andarli a prendere alla stazione, ma questa volta gli impegni o la distrazione non lo avevano permesso. Il marito era salito velocemente sul treno con in mano la borsetta della moglie, le porte si erano chiuse e la donna non c’era più. Così lei era rimasta sola, senza documenti e senza soldi. Comincia allora una drammatica ricerca, si affiggono volantini ovunque, s’intervistano passanti, si battono tutti i quartieri della grande città, ma della donna nessuna traccia.
Prenditi cura di lei è un romanzo forte e intenso, ma non di facile lettura, né d’immediato coinvolgimento. La struttura del libro è alquanto complessa. Il racconto si divide in quattro parti più un epilogo, dove a turno Chi-hon, la figlia scrittrice, Hyong-chol, il figlio dirigente di un’impresa immobiliare, il marito e da ultima proprio la mamma Park So-nyo, raccontano la famiglia a modo loro. Infine nell’epilogo è ancora la figlia scrittrice a raccontare.
Lentamente impariamo a conoscere la madre come la conoscono i figli e scopriamo come lei conosce se stessa. Ognuno di loro appare chiuso in trappola e ognuno di loro è perso. A chiudere il cerchio è proprio lei: la mamma, che però racconta di Chi-hon la figlia più piccola, che è anche quella che le è più vicina, perché mamma a sua volta.
Una donna analfabeta, che ha vissuto una vita in funzione dei figli lontani e di un marito che aveva sposato senza conoscere e che la tradiva. Nessuno che si era mai preoccupato dei suoi violenti mal di testa, delle sue sempre più numerose assenze dalla realtà, dei suoi silenzi. Nessuno che si era mai chiesto se fosse felice, perché a tutti faceva comodo sapere che c’era e che era sempre pronta a intervenire e a preparare barattoli di salsa per i figli lontani.
La scrittura è condotta, tranne che per la parte del figlio Hyong-chol, in seconda persona. Come se qualcuno parlasse di loro e gli raccontasse la loro vita. Lì per lì il lettore rimane un po’ disorientato da questo approccio linguistico. Siamo abituati a scritture in prima o terza persona, la seconda persona ci disorienta, non riusciamo a capire di chi sia la voce narrante, forse dell’io dei personaggi. Ma l’effetto è sorprendente: schiaccia i personaggi ancor di più nella loro vita chiusa, sulle loro angosce e sulle loro sofferenze. Ognuno si sente inadeguato, battuto dalla vita, sente di non aver svolto la propria missione, si sente in colpa. I figli avvertono di aver perso la magia di un mondo antico per inseguire il miraggio di una vita agiata nella grande città. Prenditi cura di lei è un romanzo intimo: in fondo perdersi è normale, meglio non indagare perché.

 

Nicla

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