Negli Stati Uniti si calcola che ben il 5% dei pazienti, per la maggiornaza donne, che si sottopongono a visite mediche, siano depressi - tristi - soli - malati immaginari. Di questi la maggior parte avverte dolori, stanchezza, irrequietezza, debolezza, incapacità di affrontare la propria vita con la normale dose di buon senso e di salute.
Secondo le stime, il malato immaginario, a forza di fare il sofferente, di ammalarsi rischia davvero. Bronchite, esaurimento nervoso, dolori muscolari, sono spesso la diretta conseguenza di uno stato d'animo negativo e pessimista che porta ad ingigantire il dolore e lo star male, a scapito della felicità e dello stare bene .. per non parlare poi del senso di nausea e dei frequenti mal di testa.
E tu: che malata sei? L'ipocondria è conosciuta e riconosciuta ufficialmente come malattia vera e propria, sofferenza che da immaginaria diventa reale. La ipocondria dipende direttamente dal sistema nervoso: lo stato di malattia immaginata si trasforma in un crescendo di ansia, che accentua il senso di malessere e di stanchezza, la trasforma in vera sofferenza, porta a comportamenti protettivi, che scatenano il classico effetto del "cane che si morde la coda".
Se una donna pensa di stare male, di avere qualcosa di grave, la preoccupazione la porta ad amplificare il senso dello stare male, facendo sì che ella si presti a inutili terapie, con medicinali da banco e a inutili visite dal medico, fatte per consolarsi e per pacificare il dubbio con se stessa.
Quando questo fenomeno non è casuale, cioè frutto di un errore, ma ricorrente, allora si parla di ipocondria: la malattia reale è questa, appunto, l'ipocondria, che si sviluppa attraverso infinite patologie o stati di malessere che sono del tutto inesistenti.
La causa? Spesso una infanzia troppo responsabilizzata, paure nei confronti del prossimo, timore della malattia, disinformazione, ansia, nervosismo, poco sonno, poche certezze, autostima bassa.
Le cure? L'unica cura possibile è quella della accettazione del rischio e della accettazione dei limiti del corpo umano. Ad esempio: non mi sento troppo bene? Allora devo affrontare la giornata per vedere fin dove posso arrivare quando non mi sento tanto bene, devo registrare il mio limite e se necessario cercare la prossima volta di migliorare. Non ho voglia di alzarmi e mi sento debole? Devo provare ad alzarmi per vedere se la mia debolezza all'aria aperta rimane tale o se passa.
La terapia si chiama cognitivo-comportamentale, consente di stabilire una relazione diretta fra la propria mente e i limitio del proprio corpo, per toccare con mano la fasullità del mio stare male, che concertato mi permette di arrivare alla sicurezza (autostima) interiore che sono in grado di stare bene, da cui più spesso appunto lo stare bene.