Treno dell’arte, terzo scompartimento.
Quanti artisti sono scesi, quanti sono (ri)saliti, quanti invece sono in altri vagoni. Qualcuno vi ha sfiorato, qualcun’altro ha appoggiato la sua valigia carica di fantasia accanto alla vostra, altri si sono seduti un sedile più in là del vostro e altri ancora hanno avuto voglia di fermarsi in compagnia vostra e della vostra arte.
Noi siamo quest’ultimi, e oggi ci siamo seduti accanto a Valentina Colella, classe 1984, e siamo qui perché la sua arte è arte che graffia, è arte che urla. E’ arte che c’è e si vede.
E noi siamo felice di vederla, di sentirla, di assaporarla. Di viverla.
E di conoscerla. E quale modo migliore di farlo se non con e grazie alla Colella?
Ti senti pittrice o lo sei? E cosa significa questo per te?
Dipingo perché mi emoziono e non penso al perché lo faccio, l’arte è in tutto e in niente!
Come concepisci un tuo quadro?
Come lo concepiva Paul Klee a volte.
A volte nasce da giorni di pensieri, altre volte dalla voglia di violentare il bianco della tela.
Nel tuo linguaggio artistico ci sono moduli espressivi ricorrenti? Quali adotti frequentemente?
Direi le spirali formate dalla colatura del colore, forse.
Quale colori senti più tuoi e perché?
Il mio colore preferito è il giallo. Non chiedetemi il perché, non lo so.
Ricordi la tua prima mostra? Cosa è significato per te esporre le tue opere agli occhi - e ai giudizi - altrui?
Certo che la ricordo!
E’ stato così che ho iniziato a parlare con i miei colori, narrare le sensazioni, le voglie, le paure.
La pittura è sensazione o emozione?
Sensazione sta ad indicare la percezione, l’emozione è una conseguenza quindi, che dire? La pittura è tutto, definirla a parole è troppo poco.
Cosa senti di esprimere con i tuoi lavori?
La mia voglia di evadere dal comune, dagli ismi, cercare di riportare in moda l’arte informale attualizzandola alle problematiche di oggi. Duchamp diceva che dipingere o scolpire non può essere un attività continuativa, per cui cerco dai piccoli gesti di fare arte, dal modo di percepire i rapporti con gli altri.
Cosa provi mentre dipingi?
Altra bella domanda………te lo dico se mi guardi mentre dipingo.
C’è un filo conduttore - e se sì, qual è - che accomuna i tuoi lavori?
Dipende. Senza sapere il come e il perché mi sono ritrovata ad avere nel mio studio tutti quadri che potrei dividere in due gruppi: il primo mi fa pensare al caldo, l’altro al freddo.
Credo quindi che siano queste sensazioni di caldo e di freddo i diversi filoni della mia pittura.
A chi si rivolge la tua arte?
Innanzitutto a me. Perché fare arte per me è una cura, è darmi emozioni, è escludermi da tutto e allo stesso tempo immergermi in tutto. Poi se qualcuno vuole guardare le mie opere ben venga.
Ovviamente mi fa molto piacere che qualcuno mi dica “ah belli ‘sti scarabocchi, belli i colori, oh non ci si capisce, ma che è sta confusione?”. In effetti questo è quello che sento durante le mie mostre, o forse è quello che voglio sentirmi dire.
Comunque sia, credo che l’arte sia rivolta a tutti.
In La tempesta - visibile sul sito http://www.avejanus.org o http://www.valentinacolella.tk -quali sensazioni volevi immortalare e trasmettere?
Questo è un quadro di piccolissime dimensioni, molto apprezzato e non vendibile. Ci tengo in particolar modo perché è uno dei primi dipinti astratti che poi sono diventati il mio motivo di studio. Con le sue tonalità e non forme sta a rappresentare le mie fobie, la paura dell’immenso e dell’acqua, e rientra tra i miei quadri freddi.
La pittura è evasione o raffigurazione della realtà?
Ovviamente evasione, in quanto è rappresentare il non rappresentabile.
Trovo inutile ripetere ciò che vediamo: ci sono macchine digitali, videocamere per la realtà. Evadere vuol dire sentirsi liberi anche di non pensare, di lasciare libero sfogo alle proprie voglie. Il gesto. La passione che viene da dentro. Sito web di Valentina Colella www.valentinacolella.tk