Gianni Mameli, lo sperimentatore di contemporaneità
Gianni Mameli, lo sperimentatore di contemporaneità
Una pittura simbolica e surreale è quella che caratterizza Gianni Mameli, classe 1974. Nato in provincia di Cagliari si trasferisce ad Alghero per un paio d’anni nel 1991, dove incontra lo scultore Mario Nieddu, suo professore e maestro di vita. Sensibile alla rappresentazione di situazioni e stati d’animo attuali e passati, avverte dentro di se la necessita di riproporli attraverso l’arte figurativa. Inizia così nel 2000 i suoi primi lavori.
Da un incontro scontro tra vero oggettivo e visione soggettiva del mondo, tra fantasia onirica e pragmatismo nasce l’arte del Mameli.
Secondo la critica di Paola Trevisan “Gianni Mameli, con i suoi lavori, si inserisce all'interno di quella corrente della pittura contemporanea che sta dimostrando libertà sperimentale e al contempo, intensa vitalità nell'affrontare i temi attuali e nel restituirli con idee fresche ed interessanti.”

Come sono le ali della pittura?
Attraverso l’arte comunico chi sono. Vivo la pittura come la metafora della mia libertà, “Un cavallo alato”, nell’immagine di un poeta dei nostri tempi. Le ali della mia pittura sono aperte, e ogni volta mi conducono verso nuove traiettorie. In una sola frase, un volo sulle mie visioni interiori. L’impulso che accompagnerà la mia vita artistica sarà riuscire a traboccare ogni immagine al di fuori di me: liberarmi della mia stessa pittura!

Che “ruolo” ricoprono i dipinti nella tua vita?
Il ruolo dei miei dipinti è importante quasi come la colazione al mattino. Ogni volta riinizio a vivere. La pittura è per me una sfida con me stesso, uno sfogo di creatività che mi porto dentro. Lo sguardo della mia anima proiettato sulla tela contorna il disegno dei miei pensieri.

Come nasce “uniti da un unico destino”?
In questa immagine vi è la consapevolezza della vita; una presa di coscienza dell’unione tra la natura e l’essere umano. Il tempo dell’essere umano è distinto dal tempo della natura così come, nel contempo, congiunto. In entrambe le dimensioni il destino ultimo è l’incerta convinzione della fine. La nostra vita scorre a una velocità che ci conduce inesorabilmente a un’inspiegabile conclusione: l’unico percorso che ci è dato è attendere in solitudine la fine. E quando parlo di solitudine mi riferisco a uno spazio interiore dove poter concepire questa consapevolezza. Qualcuno diceva “I falchi non volano mai a stormi”. E il mare che dilaga sulla tela rappresenta il taglio netto, l’interruzione: la fine che attende ognuno di noi. Su questo stesso mare, osserverai, c’è anche qualcuno, forse una forma, che quasi invisibile si stende all’orizzonte nell’attesa di questa stessa fine.

Per saperne di più web.tiscali.it/giannimameli
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