This Must Be the Place
This Must Be the Place

Paolo Sorrentino è uno dei più acclamati registi italiani degli ultimi anni: un pugno di film compone la sua cinematografia, da L’uomo in più a Le conseguenze dell’amore (che ha lanciato lui e Toni Servillo, oggi il più utilizzato e premiato attore di casa nostra), da L’amico di famiglia a Il Divo, biografia non autorizzata di Giulio Andreotti, che gli è valso il Gran Premio della Giuria a Cannes. Proprio al Festival francese ha conosciuto Sean Penn che, innamoratosi della sua regia intensamente personale e un po’ visionaria, gli ha proposto di fare un film. È così che è nato l’ultimo lavoro – e primo film internazionale – This Must Be the Place. Se non aveste ancora capito quanto ormai Sorrentino è ben considerato all’estero, basti dire che per la colonna sonora è riuscito ad avere David Byrne, musicista geniale nonché ex frontman dei Talking Heads, guarda caso la band preferita dal regista. Byrne, peraltro, interpreta se stesso in due sequenze che sono tra le più belle dell’intero film. Per il resto, This Must Be the Place è un film che cattura per il suo stile narrativo potente e per le sue immagini e i suoi personaggi assolutamente cult. In primis, il Cheyenne di Sean Penn, che dona un’interpretazione maiuscola nei panni stravaganti di un’ex rockstar miliardaria e con il look à la Robert Smith dei Cure che lascia la sua casa-mausoleo di Dublino, dove si prendono cura di lui la tenera moglie Frances McDormand e un’adolescente grintosa ma fragile (ottima Eve Hewson, figlia di Bono degli U2) per andare in Usa alla ricerca dell’aguzzino nazista del padre morto da poco. Da sempre, il sogno di tutti i registi non americani è girare un road movie sulle grandi strade degli Stati Uniti (da Wenders di Paris, Texas a Wong Kar-Wai di Un bacio romantico): Sorrentino tira fuori istantanee del Grande Paese che riescono a essere profondamente originali e fa un film molto americano, molto europeo, molto alla Sorrentino. Ovviamente la caccia al nazista è un mero pretesto per raccontare una formazione, il passaggio ritardato all’età adulta della rockstar bambina, ma la resa dei conti con l’anziano ex carnefice è risolta con grande finezza. E il ridicolo incedere di Cheyenne, con trolley, capigliatura nera e rossetto, rimarrà senz’altro nei nostri cuori.   

Commenti
Non è stato pubblicato nessun intervento
DONNISSIMA.it © 2001-2024
Nota Importante : DONNISSIMA.it non costituisce testata giornalistica,la diffusione di materiale interno al sito non ha carattere periodico,
gli aggiornamenti sono casuali e condizionati dalla disponibilità del materiale stesso.
DONNISSIMA.it non è collegata ai siti recensiti e non è responsabile per i loro contenuti.