Scegliere la carriera militare per una donna comporta grossi sacrifici e una scelta di vita per certi versi difficile, complicata, ma la serietà e la determinazione del corpo militare femminile si dimostra anche in missione, laddove sono proprio le donne a prendere parte per occuparsi di situazioni che “richiedono” la presenza di una ragazza.
Le donne militari si raccontano, al ritorno dalle missioni in questi giorni anche per voce del Caporale Cristina Buonacucina, che è rientrata in Italia dalla missione in Afghanistan in seguito all’attentato subito nei giorni scorsi in cui hanno perso la vita due militari italiani, il Sergente Massimiliano Ramadù e il Caporalmaggiore Luigi Pascazio, ferito il Caporalmaggiore Gianfranco Sciré. Cristina rientra oggi in Italia, le sue condizioni di salute non si sono aggravate.
Le donne soldato sono incaricate tanto quanto i loro colleghi maschi di pilotare aerei, seguire compiti i ufficio, sparare, gestire l’infermeria, tendere agguati, difendersi, entrare in contatto con le popolazioni locali. In Afghanista, dove era Cristina, le donne sono più di ottanta e ricoprono tutti i ruoli per i quali sono state arruolate.
Si parla di agevolazioni nell’esercito per quanto riguarda la componente femminile delle truppe, ma le donne soldato non accettano di passare per “protette” perché partecipano alla vita militare, combattono, restano ferite e muoiono, tanto quanto fanno gli uomini. E Cristina è solo una delle tante donne che sono partite con la convinzione di fare qualcosa di buono per la patria e hanno pagato, poco o tanto, ma sempre in prima persona questa scelta di vita.