Da adulterio a omicidio. La impossibile missione di salvare Sakineh
Da adulterio a omicidio. La impossibile missione di salvare Sakineh
Sakineh Mohammadi Ashtiani condannata alla lapidazione per avere tradito il marito con un suo cugino, dopo due anni di torture ricevute e l’opinione pubblica mossa in suo aiuto anche attraverso gli enti governativi, confessa di essere stata partecipe dell’omicidio del marito, avvenuto per mano del suo stesso genero.
Non si contano gli appelli per la raccolta firme per salvare la donna, una missione che ormai ha tutte le caratteristiche di un completo fallimento alla luce delle nuove confessioni della stessa donna alle TV internazionali. Ma perché lo avrebbe fatto? Per denunciare una ingiustizia sessista si presume, infatti l’uomo non sarebbe tuttora indagato e non avrebbe alcuna pena in sospeso.
Una causa questa che non può lasciare indifferenti: la donna in visibile stato di alterazione dovuto alle torture per estorcere una confessione avrebbe inoltre rilasciato non solo la dichiarazione di corresponsabilità nell’omicidio del marito, ma avrebbe anche attaccato il suo stesso avvocato per averla compromessa di fronte al mondo intero, mettendo in luce la sua vita.
Da queste deliranti confessioni una sola la certa conseguenza di questa donna disperata: la pena per lapidazione potrà ora essere convertita in pena di morte per impiccagione, certo meno lesiva per la dignità umana della donna, dal punto di vista della sua stessa cultura, tuttavia secondo la donna il motivo di queste accuse sarebbe sempre da riportare al gioco di potere del maschio sulla femmina, che fa in modo di poter completamente gestire la vita delle donne come se non valesse nulla in Iran.
Un caso difficile quello di Sakineh, che non potrà essere appoggiata nemmeno da parte delle Autorità che avevano firmato l’appello allo “Stop alla pena di morte per lapidazione” alcuni dei paesi firmatari, infatti, applicano allo stesso modo la pena di morte in caso di omicidio. Tuttavia rimane il gravissimo problema della tortura, usata come mezzo per fare impazzire le donne incriminate e gli uomini e quindi come prima parte della esecuzione della pena capitale.
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